Italia e Estero

Referendum, la reiterazione di reato al centro del dibattito sulla giustizia giusta

Secondo i promotori la custodia cautelare da misura d’emergenza è diventata una pratica abusata
Schede di voto in una foto d'archivio - © www.giornaledibrescia.it
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Il secondo quesito referendario interviene per limitare i casi in cui è possibile disporre l’applicazione delle misure cautelare, in particolare abrogando la parte di norma che le prevede per la reiterazione di reato. La custodia cautelare è la custodia preventiva (cioè una limitazione della libertà) a cui un imputato può essere sottoposto prima della sentenza e varia dagli arresti all’obbligo di firma o di dimora, al divieto di avvicinamento o altre specifiche forme interdittive di limitazione della libertà.

L’articolo 274 del codice di procedura penale elenca i casi che giustificano l’applicazione delle misure cautelari: pericolo di fuga, inquinamento delle prove, o quando sussiste il concreto e attuale pericolo che la persona «commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l’ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede». Quando, cioè, c’è il pericolo di reiterazione dello stesso delitto.

Se vincesse il «sì», verrebbe eliminata proprio questa ultima parte dell’articolo 274 del codice di procedura penale, e cioè la possibilità, per i reati meno gravi, di motivare una misura cautelare con il pericolo di reiterazione che, dicono i promotori, è la motivazione che viene oggi usata con maggiore frequenza per imporre prima di una sentenza definitiva una limitazione della libertà personale.

Posizioni

I promotori sostengono che la custodia cautelare, da strumento di emergenza, si sia trasformato in una pratica abusata e che l’attuale norma, nella pratica, giustifichi quasi in automatico forme di restrizione della libertà anche in casi in cui l’imputato non è effettivamente pericoloso. «Ciò rappresenta una palese violazione del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza e ha costretto migliaia di donne e uomini accusati di reati minori, addirittura poi assolti, a conoscere l’umiliazione del carcere prima di un processo». Chi è contrario alla modifica non nega che in Italia si faccia un ricorso frequente alla custodia cautelare, ma fa notare che l’articolo 274 stabilisce già dei limiti all’applicazione delle misure cautelari per il caso che il quesito del referendum chiede di abrogare: il codice specifica che in caso di pericolo di reiterazione la custodia cautelare può essere disposta solo se si tratta di delitti che prevedano una reclusione non inferiore a quattro anni o di almeno cinque anni per la custodia cautelare in carcere.

La polemica sullo stalking

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In questi mesi si è dibattuto sul reale effetto di questo referendum. L’ex magistrato e senatore di Rifondazione Comunista, Domenico Gallo, ha sottolineato su Micromega come il quesito non intervenga «sui possibili abusi della custodia cautelare, ma travolga tutte le misure cautelari, sia quelle detentive (come la custodia in carcere o gli arresti domiciliari), sia quelle non detentive, come l’allontanamento del coniuge violento dalla casa familiare o il divieto per lo stalker di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Esclusi i delitti di mafia e quelli commessi con l’uso delle armi, l’abolizione delle misure cautelari, nel caso sussista un pericolo concreto ed attuale di reiterazione dei reati, avrebbe l’effetto di smantellare qualsiasi forma di contrasto alle attività criminali in itinere, esponendo le persone offese a rischi non altrimenti evitabili. Si pensi agli atti persecutori che possono durare all’infinito, se non viene posta nessuna limitazione alla libertà dello stalker di perseguitare la sua vittima. Si pensi a reati particolarmente odiosi come i furti in abitazione, il traffico di droga o la pornografia minorile».

A Gallo ha idealmente replicato la responsabile Giustizia di +Europa, Simona Viola. «La norma residuale non lascia la violenza di genere in balìa della valutazione interpretativa di ogni singolo giudice. Se nei confronti di una donna è stata usata violenza - e anche la violenza psicologica e i maltrattamenti sono violenza - la custodia cautelare continua ad essere applicabile».

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