Italia e Estero

«La pandemia non è finita, va tenuto alto il numero dei tamponi»

Il ministro Speranza invita alla prudenza, mente Fondazione Gimbe denuncia: «Tamponi in calo in Lombardia, Veneto e Campania»
Una ragazza sottoposta a tampone - Foto © www.giornaledibrescia.it
Una ragazza sottoposta a tampone - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Tenere alto il numero dei tamponi per individuare precocemente i soggetti positivi al SarsCov2 e contenere nuovi eventuali focolai. Continua ad essere questa una delle misure prioritarie per la lotta al nuovo coronavirus anche nella fase 3. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, lo indica chiaramente nella sua informativa, prima al Senato e poi alla Camera, sulla pandemia in Italia. 

Eppure, sull'uso di tale test marcate sono le differenze tra le Regioni e non mancano le polemiche, con la Fondazione Gimbe che segnala un calo di questi esami pari al 12,6% nelle ultime due settimane. A spronare ad un sempre maggiore ricorso ai tamponi è lo stesso Speranza, sottolineando che «occorre tenerne alto il numero, soprattutto per ricercare possibili focolai laddove il Covid ci ha fatto più male». E per questo, aggiunge, «non bisogna esitare nemmeno un secondo a prendere nuovi provvedimenti rigorosi laddove se ne manifesti la necessità». 

La pandemia, è il monito del ministro, «non è finita, ci sono ancora focolai di trasmissione attivi e il virus, anche se in forma ridotta e con una prevalenza di casi asintomatici, continua a circolare». E se è vero - come indica l'ultimo monitoraggio del ministero e Istituto superiore di sanità - che aumentano i guariti, si riduce la curva del contagio, diminuiscono i deceduti e l'indice Rt è in tutta Italia sotto 1, è altrettanto vero che tali dati incoraggianti rappresentano «solo una parte della realtà». Da qui l'invito alla prudenza ed al rispetto delle misure di distanziamento

Uno dei pilastri nella strategia di contenimento del contagio sono, però, proprio i tamponi, il cui utilizzo sul territorio nazionale, denuncia la Fondazione Gimbe nel suo ultimo rapporto, appare al momento non ottimale con una «diminuzione considerevole». Esaminando il periodo dal 23 aprile al 10 giugno, si legge, il trend dei tamponi totali risulta in consistente calo nelle ultime 2 settimane (complessivamente -12,6%). Nel periodo dal 4 al 10 giugno, in particolare, 12 Regioni e Province Autonome fanno registrare un incremento assoluto dei tamponi diagnostici, mentre nelle rimanenti 9 si attesta una ulteriore riduzione. Lombardia, Veneto e Campania hanno registrato ognuna un calo superiore ai duemila tamponi, mentre l'Emilia Romagna ha visto un balzo in avanti di oltre 5mila in più, con Friuli, Molise e provincia di Bolzano che hanno avuto aumenti superiori alle duemila unità. L'attività di testing, «finalizzata all'identificazione dei nuovi casi, alla tracciatura dei contatti ed al loro isolamento - spiega il presidente Gimbe Nino Cartabellotta - continua cioè a non essere una priorità per molte Regioni: purtroppo, nella gestione di questa fase dell'epidemia, in particolare dove la diffusione del virus non sembra dare tregua, la strategia non è adeguata». 

Pronta la risposta da parte di fonti della Lega in Lombardia: «Ennesimi, inqualificabili attacchi. La Regione di Attilio Fontana ha fatto 845.618 tamponi, contro i 645.309 fatti da Lazio, Campania e Puglia». Contesta i dati di Gimbe pure il Veneto. La realtà appare comunque diversificata sul territorio, mentre si affaccia il nuovo problema dei giovani: il numero di contagi apparentemente inferiore in questa fascia d'età, mette in guardia Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, «può infatti dipendere dal fatto che i tamponi sono stati fatti soprattutto ai sintomatici e questo può impattare su una valutazione della diffusione tra i giovani», che sono invece più spesso asintomatici. Un aumento degli asintomatici, oltre il 90% dei casi e sopratutto tra i giovani, si rileva anche in Puglia. Per questo, afferma l'epidemiologo Pierluigi Lopalco, a capo della task force pugliese per l'emergenza Coronavirus, «abbiamo aumentato i tamponi: stiamo facendo molti test nonostante non ci siano focolai attivi». Ciò perché, conclude, «stiamo cercando di proteggere, in particolare, gli ospedali, facendo tamponi a personale sanitario e ai pazienti che entrano per un ricovero».

 

 

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