Italia e Estero

I No Green pass e i negazionisti su Telegram fanno molto rumore

Solo una piccola percentuale di loro, però, partecipa alle manifestazioni di protesta. E tra un'invettiva e l'altra spuntano i gattini
Cosa è successo questa settimana nel gruppo No Green pass su Telegram
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Il social network Telegram negli ultimi mesi è stato spesso associato ai No vax e ai No Green pass: loro stessi lo hanno scelto come canale di comunicazione privilegiato. Innanzitutto perché, grazie alle sue caratteristiche tecniche, consente agli utenti di restare anonimi e non esporsi con la propria identità, spesso scegliendo nickname e immagini profilo simboliche. Con ogni probabilità, questo è anche l’aspetto che ha consentito ai toni di infiammarsi. E non poco. In seconda battuta, Telegram risulta congeniale perché permette di raggiungere moltissime persone in un'unica chat, senza possederne il numero di telefono o essere loro contatti diretti su Facebook o altre piattaforme.

Nel gruppo «Basta dittatura», oscurato lo scorso 28 settembre per violazione dei termini e servizi della piattaforma, si contavano 43mila iscritti. Di quello più in voga al momento tra i negazionisti e coloro che si oppongono alla certificazione verde, che si chiama «No Green pass - Vinciamo insieme», fanno parte 31mila utenti. E risale a venerdì 15 ottobre la notizia del sequestro da parte della Procura Distrettuale di Catania di altri due canali - «Green Bypass 2.0» e «Vendita Green Pass autentico» - che vendevano false certificazioni verdi a 200 euro l’una. Non è il primo caso: nelle scorse settimane decine di altri canali simili sono stati oscurati dopo le indagini della Polizia postale.

Perché proprio Telegram?

Come si diceva, l'applicazione di messaggistica istantanea gratuita permette di chattare con i contatti anche attraverso l'uso di un nickname, quindi con identità nascosta e senza possedere il numero di telefono degli altri interlocutori, né rendendo pubblico il proprio. Su Telegram è possibile creare gruppi molto numerosi, fino a 200.000 utenti, e anche chat segrete che utilizzano un sistema di crittografia end-to-end, cioè che consente solo a mittente e destinatario di leggere i messaggi. Infine, ed è un dettaglio non da poco, per gli inquirenti è molto più difficile da intercettare.

Nei gruppi i messaggi vengono postati dagli amministratori, mentre gli altri possono commentarli interagendo anche tra loro. I gruppi possono essere resi pubblici impostando uno username, così che possa essere facilmente trovabile dall'esterno e anche leggere i messaggi senza farne parte.

Cosa accade nei gruppi No Green pass

Uno screenshot dal gruppo No Green pass su Telegram
Uno screenshot dal gruppo No Green pass su Telegram

Prima che Telegram provvedesse a bloccarlo, il gruppo «Basta dittatura» raccoglieva gli appelli e i materiali dei gruppi No vax, oltre a funzionare come megafono per indire e sponsorizzare manifestazioni, che poi si rilevavano meno partecipate del previsto. Tra i messaggi, anche quelli che aizzavano ad attaccare sotto casa virologi e politici, pubblicando i loro indirizzi e persino i numeri di telefono. Tra di loro, a essere minacciati sono stati i ministri Luigi Di Maio e Roberto Speranza, così come i medici Matteo Bassetti e Fabrizio Pregliasco, che hanno ricevuto migliaia di telefonate di insulti.

L’anonimato e la percezione di non essere riconoscibili e perseguibili alimenta le espressioni di odio e l'incitazione alla violenza, che spesso innescano dibattiti dai toni molto estremi e aggressivi. Stando ai commenti e alle intenzioni degli utenti in questi gruppi, la tensione sociale parrebbe costantemente a livelli molto preoccupanti. Non sempre, però, lo stato di allerta corrisponde a quello che poi succede nella realtà. Era accaduto, ad esempio, con l’annunciato blocco delle stazioni di tutta Italia che avrebbe dovuto paralizzare il Paese, ma che poi si era rivelato un flop, anche a Brescia.

Leoni (e gattini) da tastiera

Capita spesso che i toni e le intenzioni incandescenti proclamate su Telegram si trasformino poi in un nulla di fatto, o quasi. Solo una piccola percentuale degli iscritti, infatti, passa dalla chat dello smartphone alla piazza. Lo scorso 1° settembre, ad esempio, dopo la miriade di annunci social i grandi assenti sono stati proprio i manifestanti e il gruppo «Basta dittatura», ora non più accessibile, si è spaccato tra rabbia e delusione e sfottò degli infiltrati. «Più giornalisti che manifestanti. Che delusione!» commentavano gli utenti.

Dinamiche simili per il gruppo «No Green pass»: fino alla sera del 14 ottobre lanciava invettive e appelli a non presentarsi al lavoro. Sull’onda degli scontri di piazza a Roma e dell'assalto alla sede della Cgil, inoltre, alcuni invitavano addirittura a «assaltare il Parlamento», dichiarandosi pronti anche a morire di Covid, se necessario. L'intenzione, comunque, era «bloccare tutto a oltranza». Tra gli attacchi dei negazionisti, però, nella notte di giovedì si è fatto strada un post bizzarro dell'amministratore, che chiedeva a tutti di mobilitarsi e donare un euro per salvare un gattile in difficoltà a Bologna. Un post che fa un po' il paio con quello, fissato in evidenza, che propone in vendita t-shirt, mascherine e felpe con il logo del gruppo, a pochi euro a gadget. Al momento, però, i 30mila non sono scesi in massa in piazza e non hanno organizzato grandi manifestazioni collettive.

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