Italia e Estero

Divorzio concordato con Bruxelles: la May ottiene il sì

Trovato con molta fatica l’accordo sulla bozza ed evitata la rottura con i 27 Stati della Ue
Sostenitori della Brexit sfoggiano lo Union Jack - Foto © www.giornaledibrescia.it
Sostenitori della Brexit sfoggiano lo Union Jack - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Il D-Day della Brexit è scattato ieri sera da Downing Street: con il faticoso sì strappato da Theresa May ai ministri del suo governo - o alla maggioranza di loro - alla bozza d’intesa su un divorzio concordato dall’Ue definita ieri con Bruxelles dopo due anni di negoziati.

Ma lo sbarco è ancora tutto da portare a termine sotto il fuoco nemico ingaggiato da tutti i lati del fronte interno britannico, a cominciare dalle trame per una mozione di sfiducia contro la leadership della premier agitate dai falchi Tory ultrà.

La premier ha chiuso un’interminabile giornata, sfociata in cinque ore di riunione fiume del consiglio di gabinetto, con il via libera che chiedeva. Un via libera «difficile», come ha riconosciuto in tono dimesso nel breve annuncio alla nazione fatto a seduta finita di fronte al portoncino al numero 10 di Downing Street. Ma rivendicato come la scelta migliore «nell’interesse nazionale di tutto il nostro Regno Unito» e come l’unica alternativa al rischio di dover «tornare alla casella numero uno del negoziato»: ossia come l’unica alternativa - nella narrativa di lady Theresa - allo spettro del «No deal» (nessun accordo).

Per May si tratta comunque di un modo per andare avanti sulla strada della Brexit, di rispettare il mandato popolare del referendum del 2016 e, alla fine, di «recuperare il controllo dei nostri confini, leggi e denaro». Evitando al contempo una rottura traumatica con i 27, chiamati adesso a loro volta a sancire la svolta, innescando con un vertice straordinario da convocare con ogni probabilità il 25 novembre l’iter verso le ratifiche parlamentari, entro il termine fissato da Londra per la sua uscita formale dal club: il 29 marzo 2019.

Sui contenuti della bozza, spalmati in ben 500 pagine e sintetizzati in un libro bianco, si sapeva già l’essenziale. Confermati gli impegni sulla tutela dei diritti dei cittadini ospiti, sul conto di divorzio britannico da 39 miliardi di sterline, su una fase di transizione improntata allo status quo di (almeno) 21 mesi, vi s’illustra nei dettagli anche la soluzione a toppe architettata per assicurare il mantenimento d’un confine senza barriere fra Irlanda e Irlanda del Nord: con una permanenza temporanea dell’intero Regno nell’unione doganale.

«Il peggiore dei due mondi», dicono all’unisono, da sponde opposte, il rampante conservatore euroscettico radicale Jacob Rees-Mogg e il vecchio ex primo ministro laburista eurofilo Tony Blair. Un’intesa che «non soddisfa né i sostenitori di Leave, né quelli di Remain come me», insiste Blair, ricomparendo sugli schermi della Bbc per tornare a invocare quel secondo referendum che May continua categoricamente a escludere.

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