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Covid, Conte al bivio del lockdown con il nodo della scuola

Il premier e il governo entrano nella fase più delicata della gestione della pandemia
Il premier Giuseppe Conte -  Foto © www.giornaledibrescia.it
Il premier Giuseppe Conte - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Alle porte dello «scenario 4». Alle porte di un possibile lockdown. Giuseppe Conte e il governo entrano nella fase più delicata della gestione del Covid-19. Hanno una manciata di giorni per decidere se e come chiudere il Paese. Con un rischio che, anche nella maggioranza, si insinua in queste ore: che sia già troppo tardi.

Conte resta fermo sulla sua linea di attendere, prima di ogni decisione, la verifica degli eventuali effetti del Dpcm. Ma, intanto, il virus corre e torna a scatenare le fughe in avanti delle Regioni. Un vertice di maggioranza, con la ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina, viene convocato d'emergenza in serata: sulla scuola, perno della strategia anti-Covid dell'autunno, si va verso una gestione in ordine sparso, con alcune Regioni che, sfruttando i margini concessi dal Dpcm, estendono la Dad, scatenando l'ira della ministra M5S. Ma anche la maggioranza rischia di trovarsi divisa.

Azzolina è ferma sulla linea di mantenere le scuole aperte, su modello del lockdown francese, tra l'altro. E il M5S può contare sulla sponda di Iv nella sua battaglia perché le lezioni restino in presenza. «I nostri ragazzi ne hanno bisogno, tutti», è la trincea di Teresa Bellanova. Il Pd si muove con assoluta prudenza dopo aver fatto della scuola uno dei cavalli di battaglia per le aperture in sicurezza. Ma tra i Dem si fa spazio anche la linea del rigore, sostenuta dagli esperti e dal ministro della Salute Roberto Speranza. Ad un certo punto del pomeriggio circolano voci sulla possibile didattica a distanza anche per le medie, almeno per le Regioni con Rt più elevato.

«Al momento non è stato deciso nulla», spiega una fonte di governo quando il vertice a Palazzo Chigi è ancora in corso. E, complice la fermezza di Azzolina, non è escluso che, alla fine, il governo non decida. Lasciando alle Regioni l'onore delle ulteriori chiusure. Al vertice di palazzo Chigi approda una maggioranza mai così poco solida, sulla la scia di polemiche tra M5S e Pd-Iv sulla ministra Azzolina, da tempo tra i primi bersagli in vista dell'eventuale rimpasto. Nel pomeriggio, in un'intervista ad Huffington Post, il ministro per gli Affari Ue Enzo Amendola, lancia una stoccata a chi, anche nel suo partito, guarda al rimpasto. «Trovo che giocare al «gioco dei troni» sia un'enorme mancanza di rispetto per la situazione italiana e per chi sta soffrendo», sottolinea il ministro.

Ma Amendola, in vista della prossima settimana, sottolinea anche un altro concetto: «Faremo di tutto per escludere un lockdown nazionale, ma se sarà necessario ci assumeremo l'onere della scelta, così come abbiamo fatto a marzo». È, in fondo, anche il ragionamento che sta facendo in queste ore Conte. Prima di andare in Aula mercoledì il premier non metterà in campo, salvo cambi di strategia dell'ultim'ora, alcun Dpcm. La probabilità che si vada verso nuove chiusure sale parallelamente all'inarcarsi della curva pandemica.

L'idea resterebbe comunque quella di un lockdown light. Anche perché, la chiusura totale pone un problema di non poco conto al governo: quello di mettere in campo nuovi miliardi di aiuti. A quel punto un nuovo scostamento di bilancio si renderebbe necessario e il governo dovrebbe riscrivere sia la Nadef che il Documento di Programmazione e Bilancio. Non a caso, parlando ieri notte con i suoi omologhi europei, Conte ha ribadito che il Recovery Fund deve «partire il prima possibile». perché le casse dello Stato non sono illimitate. E perché l'alternativa è quel Mes che, oggi, potrebbe significare la fine di questa maggioranza.

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