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Biden proclamato, Usa sotto shock dopo l'assalto al Congresso

Il vicepresidente Mike Pence ha certificato formalmente la vittoria. L'allarme resta alto dopo i 4 morti negli scontri
Joe Biden giurerà il 20 gennaio - Foto Ansa/Epa © www.giornaledibrescia.it
Joe Biden giurerà il 20 gennaio - Foto Ansa/Epa © www.giornaledibrescia.it
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Al termine del giorno più buio della democrazia americana, segnato dall'assalto al Congresso da parte di migliaia di manifestanti fomentati da Donald Trump, Mike Pence ha finalmente proclamato formalmente la vittoria di Joe Biden e Kamala Harris. Il parlamento ha voluto reagire di fronte ad un Paese e ad un mondo rimasto scioccato riprendendo la seduta dopo che la polizia - ora sotto accusa per la sua inadeguatezza - ha garantito la sicurezza di Capitol Hill. «Non avete vinto, la violenza non vince mai», ha detto Pence riferendosi ai manifestanti pro Trump. «Hanno tentato di fermare la nostra democrazia ma hanno fallito», gli ha fatto eco il leader dei senatori repubblicani Mitch McConnell, mentre il suo omologo dem Chuck Schumer ha puntato il dito contro il presidente e le sue teorie cospirative, che hanno fomentato «non manifestanti ma insurrezionisti degni di essere perseguiti».

Il Congresso ha dibattuto e respinto solo due obiezioni ai voti del collegio elettorale da parte di repubblicani, in Arizona e in Pennsylvania. Ma se dopo gli scontri al Senato la dozzina di contestatori si è dimezzata, alla Camera la maggioranza del partito ha votato a favore. Ora il Paese può tentare di «voltare pagina», come ha auspicato Biden, che giurerà il 20 gennaio.

L'allarme però resta alto, dopo un assalto costato 4 morti (tre per emergenze mediche e una veterana dell'aeronatica fan di Trump, colpita al petto dal colpo di pistola di un agente), 13 feriti e 52 arresti. Nella notte sono state trovate e disinnescate dall'Fbi due bombe artigianali vicino ai quartieri generali del partito repubblicano e democratico nel centro di Washington. La sindaca della capitale Muriel Bowser ha esteso l'emergenza pubblica e il coprifuoco fino al 21 gennaio, mentre il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo invierà 1.000 membri della Guardia Nazionale per garantire una transizione pacifica.

Tutti gli occhi ora sono puntati su Trump, sempre più isolato dopo che il suo account è stato temporaneamente bloccato da Twitter, Facebook, YouTube e Instagram per le sue minacce e le sue accuse sul voto. C'è aria di dimissioni nel suo governo, a partire dal suo consigliere per la sicurezza nazionale Robert O’Brien, dopo quelle già presentate dal suo vice Matt Pottinger e da Stephanie Grisham, portavoce e capo dello staff della first lady Melania. Trump ha fatto sapere tramite il profilo Twitter del vice capo di gabinetto Dan Scavino che, nonostante sia in totale disaccordo con le elezioni, la transizione sarà ordinata.

E gira l'ipotesi di rimuovere The Donald con l'impeachment o, più facilmente e velocemente, invocando il 25esimo emendamento. Intanto sembra che il commander in chief sia stato tagliato fuori dalla catena di comando: a dispiegare la guardia nazionale è stato Pence, non Trump. A censurarlo anche un coro di ex presidenti: Barack Obama, Bill Clinton, Jimmy Carter e George W. Bush, che ha evocato la «Repubblica delle banane».

 

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