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Troppi morti nel Regno: Governo Uk sotto tiro

Parte della stampa britannica alza il tiro della polemica contro Downing Street per come fino ad ora ha gestito l’emergenza Covid-19
Boris Johnson - Foto Epa/Will Oliver
Boris Johnson - Foto Epa/Will Oliver
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Sottovalutazione dei primi segnali d’allarme, errori di strategia, mancanza di kit per i test e di presidi di protezione per gli operatori sanitari, ritardo nell’introduzione delle restrizioni del lockdown.

Dopo un primo periodo di relativa tregua, coincisa anche con il ricovero in ospedale di Boris Johnson, parte della stampa britannica alza il tiro della polemica contro Downing Street per come finora ha gestito l’emergenza Covid-19. Tanto più che, a 45 giorni dal primo decesso per Coronavirus sull’isola, il Regno Unito continua a far registrare una progressione drammatica nei numeri dei contagi censiti (più di 120mila) e dei morti (16.060 nei soli ospedali, a cui secondo alcune stime ne andrebbero aggiunti almeno 4mila nella case di riposo): progressione che proprio ieri ha fatto segnare in effetti un primo rallentamento significativo nei decessi (596 in 24 ore, circa 300 meno di ieri), ma il cui a ritmo rischia comunque di produrre un bilancio fra i più letali fra i grandi Paesi d’Europa, se non il più letale in assoluto

I domenicali di Times e Guardian puntano il dito sulle esitazioni, le lacune, gli errori attribuiti alle autorità britanniche, sia a livello politico sia di consulenti scientifici. A cominciare dall’aver ignorato non solo quanto stava accadendo in Cina tra dicembre e gennaio, ma anche gli avvertimenti lanciati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) da fine gennaio

Fra le accuse al Governo conservatore, quella d’aver minimizzato per tutto il mese di febbraio i rischi dell’epidemia, mentre qualche consigliere discettava su ipotesi di «immunità di gregge».

Sottovalutazioni comuni ad altri Paesi fino al 20 febbraio e oltre, ma che in Gran Bretagna si sono associate ai limiti strutturali e alle fragilità specifiche di un servizio sanitario (Nhs) investito fra l’altro da due decenni di tagli al budget, aperture ai privati, riduzione di personale.

Non solo: quando il Coronavirus è finalmente stato messo al centro dell’agenda politica, Johnson ha atteso fino al 24 marzo per il lockdown totale, con una decina di giorni di ritardo rispetto all’esempio di altri secondo il progressista Guardian.

Una scelta il cui impatto è impossibile da calcolare per certo in assenza di controprove, ma che per il Times potrebbe essere stato causa, o concausa, di alcune migliaia di morti in più.

«Al posto di imparare da altre nazioni, e di adeguarsi alle indicazioni dell’Oms, il Regno Unito ha deciso di seguire la sua via», tuona uno degli accademici più severi verso Johnson e il suo team, Devi Sridhar, dell’Università di Edimburgo. Una via di cui il premier della Brexit potrebbe esser chiamato a rispondere presto o tardi in prima persona: giocandosi una fetta non piccola della sua tuttora notevole popolarità. 

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