Italia e Estero

Regione, Fontana tira dritto e sfida FdI: «Sarà la legislatura dell’Autonomia»

La riforma bandiera della Lega stizzisce il partito della premier, che evoca subito il presidenzialismo
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FONTANA: "AUTONOMIA E PNRR"
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E pensare che solo fino a una manciata di giorni fa c’era chi scommetteva che Attilio Fontana non avrebbe toccato una virgola senza il benestare di Fratelli d’Italia. Altro che commissariamento del presidente e altre voci che, come venticelli, soffiavano lungo i trecento metri che separano la casa del Consiglio regionale, in via Fabio Filzi, e il quartier generale della Giunta a Palazzo Lombardia: col suo incedere quasi dimesso, nel bel mezzo del (quasi anestetizzante) discorso programmatico durante il quale è stata sfoderata la semantica da cavallo di battaglia («eccellenza», «collante», «locomotiva», «ma anche», «semplificazione»), il presidente quel punto lo ha scandito per bene.

Infilandosi in un’insenatura di silenzio totale dell’Aula ha ritmato: «Questa sarà la legislatura dell’Autonomia, il più importante dei nostri impegni, attesa dal 2017». Neanche il tempo di finire la frase, che - complice l’uscita di scena del plexiglass, segno dell’addio alla pandemia - tra i banchi di FdI sono comparse le espressioni tipiche di chi inizia a sentire un’infelicità vicina.

Cortocircuito

A vuotare il sacco per primo è stato il capogruppo Christian Garavaglia, che ha subito riportato la priorità del partito di Giorgia Meloni accanto a quella del governatore leghista: «L’Autonomia andrà di pari passo alla Repubblica presidenziale». Ma che il centrodestra non sia certo in luna di miele (almeno non per il momento) lo cristallizza soprattutto una sequenza di scene precise: quelle degli applausi. Tipo: parla Garavaglia, applaude (solo e soltanto) il gruppo di FdI. Parla un leghista, applaudono solo i consiglieri del Carroccio, lo stesso per Forza Italia, più una situazione da «battle» che da gioco di squadra insomma.

In difficoltà

Diego Invernici (FdI doc) argomenta: «Autonomia e presidenzialismo vanno a braccetto: noi siamo per un’Autonomia differenziata che dia maggior forza decisionale ai territori, ma che dia anche alla popolazione il diritto di votare il proprio presidente». Il partito della premier è in forte difficoltà sulla riforma bandiera della Lega: per questo tenta da tempo di annacquarla. Per FdI è complesso pretendere di essere al tempo stesso partito-nazione e partito dei territori. Certo, autonomie locali e nazione non sono assolutamente termini contrapposti: si può consolidare l’idea unitaria di nazione promuovendo le capacità di autogoverno dei territori. Ma il ragionamento s’inceppa quando la compagine della premier si trova di fronte all’immagine delle Regioni concepite come mini Stati.

L’accelerata

Forza Italia pubblicamente veste i panni della neutralità, ma sta con la Lega. La riprova sta nelle parole di Claudia Carzeri: «I lombardi sono stanchi di vedere i propri sacrifici, le tasse e le risorse ottenute con il proprio lavoro finire per la maggior parte al di fuori della nostra regione. La differenza tra il sistema Lombardia e il sistema Italia esiste ed è enorme: un’ingiustizia costante. Senza Autonomia - conclude - non si può premiare la disparità tra una Regione virtuosa e altre che si approfittano di questa situazione».

Strategie

Nel Carroccio c’è chi, come Floriano Massardi, semplifica appellandosi al patto politico: «FdI ha sottoscritto un accordo e questa riforma rientrava tra le priorità: non può negarci la possibilità di portare avanti il percorso nell’interesse dei lombardi». Ma è Davide Caparini, forte anche dell’esperienza parlamentare alle spalle, a smontare il castello del parallelismo tra Autonomia e presidenzialismo: «Le strategie ci sono in tutte le legislature: nel 2001 l’Udc tenne appesa la riforma costituzionale per 5 anni. È ovvio che si cerca una sintesi, ma il metodo presidenzialismo versus Autonomia non funziona perché sono questioni differenti. Il presidenzialismo - rimarca l’ex assessore al Bilancio - è una riforma costituzionale, si va a modificare la Carta. L’Autonomia, al contrario, è l’applicazione di norme costituzionali inapplicate perché orfane dei decreti attuativi. Non è un caso se ogni governo ha tirato fuori il contenzioso Stato-Regioni. Tanto più che in questa fase si parla di metodo, le competenze si discutono dopo ed è ribadita la centralità del parlamento».

Caparini lo esplicita: «Bisogna essere realisti, si stanno mettendo in parallelo percorsi e strumenti differenti, siamo su piani asimmetrici: a una riforma costituzionale come il presidenzialismo servono almeno due anni e mezzo di tempo». Sarà un braccio di ferro continuo? «Alla fine credo che si darà il giusto peso all’Autonomia, perché l’appello è semplice: dare corso, laddove si è celebrato un referendum, al dettame costituzionale. A prescindere dal gioco del do ut des». Senza contropartita, dunque. Una formula che, però, pare che i Fratelli d’Italia non abbiano ancora digerito.

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