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Referendum, tra valutazione dei giudici e indipendenza della magistratura

Il quesito referendario mira a far valutare i magistrati anche da avvocati e docenti universitari
Il palazzo di Giustizia di Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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Il quarto quesito referendario chiede che la componente laica del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione e dei Consigli giudiziari non sia esclusa dalle discussioni e dalle valutazioni che hanno a che fare con la professionalità dei magistrati.

I magistrati vengono valutati dal Csm ogni quattro anni sulla base di pareri motivati, ma non vincolanti, elaborati dal Consiglio direttivo della Corte di Cassazione e dai Consigli giudiziari. Entrambi questi organi hanno composizione mista: oltre ai membri che ne fanno parte per diritto, sono formati da alcuni magistrati e poi da alcuni membri laici, cioè avvocati e in alcuni casi professori universitari in materie giuridiche. Il numero complessivo di componenti di ogni consiglio giudiziario varia in base al numero di magistrati in servizio nei 26 distretti di Corte d’appello.

Avvocati e docenti partecipano come gli altri membri all’elaborazione di pareri su diverse questioni tecniche e organizzative, ma sono esclusi dai giudizi sull’operato dei magistrati, in base ai quali, poi, il Csm dovrà procedere per fare le valutazioni di professionalità. Solo i magistrati, dunque, hanno oggi il compito di giudicare gli altri magistrati.

Posizioni

Se vincesse il «Sì», i membri laici avrebbero diritto di voto in tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei Consigli giudiziari con l’obiettivo, secondo i proponenti, di rendere più oggettivi e meno autoreferenziali i giudizi sull’operato dei magistrati. Sempre secondo i sostenitori del referendum con la vittoria del Sì al quarto quesito, invece, «potremo far emergere la meritocrazia e premiare solo il magistrato laborioso e produttivo».

Chi è contrario a questo cambiamento sostiene che non sia opportuno affidare un ruolo attivo agli avvocati nel redigere pareri sui magistrati di cui, all’interno dei processi, rappresentano la controparte. Il rischio sarebbe quello di valutazioni preconcette o ostili.

Dall’altra parte, potrebbero esserci conseguenze anche per i magistrati stessi se durante un processo si trovassero di fronte all’avvocato che poi potrà esprimere un parere molto importante sul suo lavoro e che avrà conseguenze sulla sua carriera professionale. Insomma, la modifica potrebbe mettere in discussione la terzietà del giudice.

La legge Cartabia

Anche in questo il quesito referendario (come per il sistema elettorale dei membri del Csm e per la separazione delle funzioni dei magistrati) e la riforma Cartabia hanno punti di contatto. Tanto che il testo attualmente in discussione in Parlamento, in particolare al Senato, riprenderà il suo iter solo dopo il voto referendario del fine settimana.

In particolare, all’articolo 3 ovvero dove è stato inserito l’emendamento del ministro Cartabia e ci si occupa della riforma delle procedure di valutazione di professionalità dei magistrati si prevede di «introdurre la facoltà per i componenti avvocati e professori universitari di partecipare alle discussioni e di assistere alle deliberazioni relative all’esercizio delle competenze del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari ... con attribuzione alla componente degli avvocati della facoltà di esprimere un voto unitario sulla base del contenuto delle segnalazioni di fatti specifici, positivi o negativi, incidenti sulla professionalità del magistrato in valutazione, nel caso in cui il consiglio dell’ordine degli avvocati abbia effettuato le predette segnalazioni sul magistrato in valutazione; prevedere che, nel caso in cui la componente degli avvocati intenda discostarsi dalla predetta segnalazione, debba richiedere una nuova determinazione del consiglio dell’ordine degli avvocati».

Non solo, il testo in Senato prevede anche «l’istituzione del fascicolo per la valutazione del magistrato, da tenere in considerazione oltre che in sede di verifica della professionalità anche in sede di attribuzione degli incarichi direttivi e semidirettivi».

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