Oceani sempre più caldi: catastrofe ambientale inevitabile
Oceani sempre più caldi, sempre più acidi e poveri di ossigeno, sempre più inospitali per alghe ed animali. Calotte polari e ghiacciai montani che si sciolgono e si restringono. Piogge, cicloni, alluvioni e ondate di calore sempre più frequenti e devastanti.
Gli eventi estremi di innalzamento del livello del mare, storicamente rari (una volta al secolo nel recente passato) sono destinati dal 2050 ad avvenire almeno una volta all’anno in molte zone. È lo scenario attuale e futuro di oceani e ghiacci mondiali, disegnato dal comitato scientifico dell’Onu sul clima, l’Ipcc, nel suo ultimo rapporto.
Lo studio, diffuso dal Principato di Monaco (dove sono riuniti da giorni i ricercatori per la stesura finale) va ad integrare quello uscito a maggio («Cambiamento climatico e territorio»), e quello su «Riscaldamento globale a 1,5 gradi» uscito nell’ottobre del 2018. Gli studiosi spiegano che «gli oceani si sono riscaldati senza interruzione dal 1970 e hanno assorbito più del 90% del calore in eccesso del sistema climatico. Dal 1993, il tasso del riscaldamento dell’oceano è più che raddoppiato. Le ondate di calore marine sono raddoppiate in frequenza dal 1982 e stanno aumentando in intensità».
Acque acide. I mari hanno assorbito la maggiore anidride carbonica dell’aria e si sono acidificati. L’acqua calda assorbe meno ossigeno e rimane in superficie, non ossigenando gli strati più profondi. Un mare meno vivibile riduce la proliferazione di piante ed animali, uccide i coralli e costringe la fauna a spostarsi alla ricerca di acque più fresche e ossigenate. Ma non basta. Il riscaldamento globale, provocato dalle emissioni di gas serra dell’uomo, fa sciogliere i ghiacci dei poli e delle montagne e il terreno ghiacciato della tundra, il permafrost.
Caldo anomalo. I ghiacciai mondiali, fuori da Groenlandia e Antartide, hanno perso una massa di 220 miliardi di tonnellate all'anno fra il 2006 e il 2015, provocando un aumento del livello dei mari di 0,61 millimetri all’anno. Questi fenomeni, scrive l'Ipcc, «sono destinati a continuare». Le regioni del mondo con i ghiacciai più piccoli, fra le quali l'Europa Centrale, «sono destinate a perdere più dell'80% della loro attuale massa di ghiaccio al 2100».
Le conseguenze di tutti questi fenomeni sono già oggi disastrose. E sono destinate ad aumentare in futuro. Maggiore evaporazione vuol dire più vapore acqueo nell’aria, quindi piogge, alluvioni e cicloni più frequenti e intensi.
Apocalisse. La riduzione dei ghiacciai metterà a rischio le forniture idriche per molte popolazioni, specie in Asia, e danneggerà l’agricoltura, già minacciata dalle alluvioni. Nella tundra non più ghiacciata, aumenteranno gli incendi. Campi riarsi o allagati, mare meno pescoso, mettono in pericolo i mezzi di sussistenza per molte popolazioni, specie quelle più povere. L’acqua alta diventerà un fenomeno abituale in molte zone costiere.
Estati roventi. A rafforzare il grido di allarme dell’Ipcc sono arrivati anche i dati della Noaa, l’agenzia meteorologica Usa: il periodo giugno-agosto 2019 ha fatto registrare un incremento di 0,82 gradi sopra la media del Ventesimo secolo, risultando al primo posto tra le estati «roventi» per gli oceani degli ultimi 140 anni, da quando sono cominciate le rilevazioni meteorologiche scientifiche. Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa (M5S), commentando il rapporto anche alla luce dell’allarme per il ghiacciaio del Monte Bianco, ha ribadito «la necessità e l’urgenza di un’azione forte e coordinata per il clima, per scongiurare il verificarsi di eventi estremi e che rischiano di avere conseguenze drammatiche». È già troppo tardi?
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia