Italia e Estero

Lady D, 20 anni fa l'incidente e la morte. Oggi icona Pop

Sono trascorsi 20 anni da quell’alba del 31 agosto quando Lady Diana morì per le gravissime ferite riportate nell'incidente in auto a Parigi
  • Lady D, le foto di famiglia
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Sono trascorsi vent’anni da quell’alba del 31 agosto quando Lady Diana morì per le gravissime ferite al torace, riportate in un incidente avvenuto nel cuore di Parigi (erano trascorsi 23 minuti dalla mezzanotte) nel tristemente noto tunnel dell’Alma, mentre tentava di sfuggire all’assalto dei fotografi.

Oggi, la popolarità della «Principessa triste» non conosce declino: «Diana gode di un consenso che non conosce crisi, ha un seguito di pubblico analogo, ad esempio, a quelli di John F. Kennedy, di Evita Perón o di Elvis Presley con i quali condivide un destino tragico, e ben poco è cambiato nel Regno Unito dal giorno della sua morte in Francia. Per milioni di persone, che continuano ad adorarla e ne perpetuano il culto, è ancora oggi l’incarnazione perfetta della naturale nobiltà di cuore di una élite femminile alla quale, silenziosamente, si chiede di promuovere e dirigere un profondo mutamento del mondo, di favorire la pace, di lenire le ferite causate dalle diseguaglianze sociali».

La principessa Diana è una delle nove «regine» scelte da Roberto Bertinetti - saggista e docente di letteratura inglese all’Università di Trieste - per rappresentare «L’isola delle donne», ossia l’Inghilterra, attraverso i «Ritratti di impareggiabili signore inglesi» (Bompiani, 224 pp. 14 euro). Si tratta di biografie condensate che racchiudono in una scrittura rapida e leggera le immense vite di queste donne il cui passaggio sulla terra ha sprigionato entusiasmi e rifiuti. Ma su tutto ha prevalso l’«impareggiabile» regalità che le eterna in ricordi contrastanti.

Le altre protagoniste del libro che è uscito in libreria e che il prof. Bertinetti presenterà il 14 settembre a Pordenonelegge, sono due vere regine (Elisabetta I e Vittoria); una Lady di ferro (Margaret Thatcher); Jane Austen, «signorina sovversiva»; Virginia Woolf, scrittrice geniale quanto instabile; la regina del giallo Agata Christie; e due stiliste, Mary Quant e Vivienne Westwood. 

Professore, nel ricordo sempre vivo di Lady Diana c’è solo ammirazione, magari ossessiva, o si tratta di comunissimo «fanatismo»? 
Senza dubbio nell’affetto degli inglesi per la figura di Diana ha un peso determinante il ruolo da lei avuto nello scardinare le regole un po’ polverose e decisamente antiquate di casa Windsor. Diana viene ancora giudicata una «sovrana della bontà», sempre disponibile in ogni circostanza a incontrare chi aveva bisogno delle sue parole di conforto, con un atteggiamento quasi umile e, almeno in apparenza, assai poco regale. Un atteggiamento molto diverso da quello rigido di Charles e di altri membri della famiglia reale, poco inclini a mettersi sul medesimo piano dei sudditi, a comprenderne le speranze e le paure. All’estero la monarchia britannica è osservata con rispetto, ma viene a volte ritenuta un’istituzione obsoleta. 
Perché definisce la principessa Diana «icona Pop»? 
Diana, in larga parte dell’Europa e degli Stati Uniti, è amata perché ritenuta una donna moderna, certamente non priva di difetti, che è stata capace di dar volto e voce a una dinastia regnante vicina alla gente comune, che si spende generosamente per cause umanitarie di fondamentale importanza. Probabilmente per questo i suoi errori sul piano personale sono stati dimenticati in fretta e resta vivissimo il ricordo delle battaglie combattute durante la parte finale della vita in favore dei malati di Aids, contro l’uso delle mine antiuomo o in favore dei poveri in Africa e in Asia a fianco di madre Teresa di Calcutta. È stata Diana a lanciare e istituzionalizzare la figura della celebrità planetaria impegnata in nobili cause oggi rappresentata da star della musica o del cinema. Gli studiosi di sociologia definiscono queste figure icone pop anche in ragione della loro immensa popolarità alimentata dai media. 

 

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