I bresciani convinti che l’impasse al Quirinale si può superare

Che sarebbe stata una lunga giornata non era una sorpresa, che il centrodestra si vedesse rimbalzare contro il proprio gioco di forza lo era a metà, il vertice a tre Letta-Salvini-Conte è stato il vero coniglio - anche lui bianco, però - dal cilindro.
Matteo Micheli (Lega)
«Contrasti? Sono tutti recuperabili - assicura il deputato leghista Matteo Micheli -, c’è stata solo una piccola sbavatura, il centrodestra porterà a casa il presidente della Repubblica». Chi? «Se prima potevo avere qualche idea - risponde il parlamentare bresciano del Carroccio - adesso proprio no: non ne ho idea e non compete a me, serve però portare avanti un risultato comune». Che ci sarebbe stato, ma alla fine i voti per Elisabetta Casellati sono risultati 382 su un totale di 453 Grandi Elettori di centrodestra.
Da dove vengono i 71 franchi tiratori? «Sicuramente non dalla Lega, i nostri erano compatti, su questo non ho alcun dubbio. C’è stato qualcuno nella coalizione che non ha seguito la linea. Salvini ha fatto di tutto per proporre una rosa di nomi ampia, ma finora il centrosinistra si è opposto incondizionatamente, ci auguriamo che si trovi la quadra il prima possibile. Con un presidente della Repubblica di centrodestra».
Adriano Paroli (Forza Italia)
Anticamera di un divorzio? Non secondo il senatore di Forza Italia Adriano Paroli, ex sindaco di Brescia: «Credo che ci siano canali di incomunicabilità che hanno fatto iniziare male le votazioni da lunedì, ora è il momento di resettare: la candidatura di Casellati era una candidatura di disponibilità, non certo di scontro, voleva gettare un sasso nello stagno in un momento in cui troppe tattiche e poca responsabilità hanno reso il dialogo assolutamente infruttuoso».
Paroli riprende la linea del no al no del centro sinistra: «Non basta opporsi, è chiaro che ci sono candidature molto ben viste, ma non frutto di mediazioni, come quelle avanzate dall’ala a noi contrapposta. Dobbiamo fare il Capo dello Stato, che per i prossimi sette anni diventi punto di riferimento e di garanzia per tutti e ci si deve arrivare in un tempo ragionevole e con un percorso costruttivo. Chi ha tempo non aspetti tempo e spero che tutti possano prendere in considerazione questo proverbio».
Claudio Cominardi (M5S)
La vede in maniera diversa il deputato 5 stelle Claudio Cominardi: «Il centrodestra ha giocato molto male le sue carte, tirando in mezzo la seconda carica dello Stato. Quantomeno inopportuno per due ordini di motivi: la Casellati è una candidata di bandiera, ce la ricordiamo in manifestazione durante i processi a carico di Berlusconi. Allo stesso modo, è poco opportuno trovarsi la presidente del Senato - rappresentante di garanzia - in questa "competizione elettorale". Emblematica l’immagine che la vede impegnata durante lo spoglio delle schede».
Il centrosinistra, però, finora è rimasto (quasi) in silenzio: «È un silenzio da interpretare. Lascerei agli altri i commenti». Il suo nome? «Personalmente continuo a pensare che il candidato proposto dal M5S, Riccardi, rappresenti il profilo perfetto: è una figura di prestigio, equidistante dai partiti e vicino agli ultimi, considerato la sua storia nella comunità di Sant’Egidio».
Simona Bordonali (Lega) e Marina Berlinghieri (Pd)
Al termine del secondo spoglio arrivano i commenti delle deputate Bordonali (Lega) e Berlinghieri (Pd). «Amarezza - dichiara Bordonali, riferendosi al flop Casellati -, era una proposta di altissimo profilo che non è stata accolta non solo dal centro sinistra, ma anche dagli alleati, tra cui il partito della Casellati, Forza Italia, insieme a Giovanni Toti. Abbiamo perso un’opportunità e il problema è all’interno di Fi, Lega e FdI sono stati coerenti».
«Il tema - secondo Berlinghieri - è quello di un movimento dal basso che sta votando Mattarella. E, come dice Cassese, le cariche non si chiedono né si rifiutano». Sui tempi la deputata del Pd invita alla calma: «Ci sembra tanto, ma una settimana per una scelta simile non lo è: Pertini, uno dei presidenti più amati, era stato eletto al sedicesimo scrutinio». Belloni? «Un nome prestigioso, ma si porrebbe il problema di due tecnici al Quirinale e a palazzo Chigi».
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