Dopo l'alluvione in Emilia-Romagna i volontari sono rimasti senza mezzi
A distanza di cinque mesi dalla notte a cavallo tra il 16 e il 17 maggio, i segni della seconda alluvione che ha investito l’Emilia-Romagna sono ancora ben visibili. Basta fare un giro a Solarolo, piccolo comune di quattromila anime in provincia di Ravenna, per rendersene conto.
La sede della Polizia locale e della Protezione civile, al piano terra del Municipio, è ancora inagibile. Le tracce dell’acqua e del fango su strade, abitazioni, edifici pubblici e privati sono incancellabili. «Questo è un episodio senza precedenti nella storia del dopoguerra - afferma Stefano Briccolani, sindaco di Solarolo - come portata dei danni sia per i cittadini, sia per le strutture pubbliche, le scuole e gli edifici comunali. In questi mesi il lavoro è stato tanto, siamo riusciti a riaprire tutte le scuole, ma c’è ancora molto da fare».
Per diverse ore dopo l’alluvione gran parte dei paesi della Romagna è rimasto sotto un metro e mezzo d’acqua che ha distrutto gli impianti elettrici degli edifici, corroso le pareti delle case e logorato migliaia di automobili. Di fronte a calamità di questa portata ci sono delle priorità: la vita delle persone anzitutto, che vanno salvate e messe al sicuro, poi si comincia a fare la conta dei danni e si passa alle abitazioni, alle case di ognuno, quindi alle strutture pubbliche: ospedali, scuole, e i vari enti. Ai mezzi di trasporto, però, quasi non ci pensa nessuno, tanto che non rientrano neanche nei ristori stanziati dal governo. Eppure, la perdita di uno o più dei propri veicoli di trasporto rappresenta per le famiglie colpite non solo un grave danno dal punto di vista economico, ma anche un fortissimo ostacolo per la ripresa della vita quotidiana e delle attività ordinarie, a partire dal lavoro.

E lo stesso vale per gli enti pubblici e le associazioni di volontariato, che dipendono spesso dalle donazioni dei privati, e di fronte a un danno del genere rimangono letteralmente «a piedi», di fatto smettendo di garantire alle comunità d’appartenenza tutti quei servizi di cui spesso i piccoli comuni non possono fare a meno. Ne sa qualcosa l’Unione della Bassa Romagna, nove comuni, 105mila abitanti per 480 kmq di territorio, per i quali gestisce polizia locale e servizi sociali. La mattina del 17 maggio scorso ben 13 mezzi di trasporto avevano subito danni dall’alluvione, per alcuni dei quali irreparabili: sei veicoli della polizia locale, tra cui una Jeep Renegade, sono stati demoliti, mentre per cinque mezzi dell’Area welfare è in corso una valutazione, se vale, cioè, la pena ripararli o meno.
Non meno problematica la situazione per i funzionari della protezione civile. «Questa emergenza ci ha insegnato molto e vogliamo essere pronti per il futuro se dovessero verificarsi ancora episodi di questo tipo - spiega Luca Piovaccari, sindaco di Cotignola, consigliere dell’Unione dei Comuni della Bassa Romagna di cui è stato presidente lo scorso mandato -. Il potenziamento, per esempio, della protezione civile è per noi elemento imprescindibile dopo quanto avvenuto. Durante la fase dell’emergenza e poi anche in quella successiva, i volontari sono stati l’elemento decisivo e centrale. Rimanere senza mezzi è una beffa se si vuole far fronte a queste calamità».
Non meno disastroso quello che è accaduto a Solarolo, dove l’associazione di volontariato Monsignor Babini, che in collaborazione con il Comune effettua servizio di trasporto per disabili, pazienti oncologici, dializzati e consegna pasti, dei dieci mezzi a disposizione prima dell’alluvione, compresa un’ambulanza, è rimasta con una sola auto. Un danno incalcolabile.
Minguzzi: «Sono emersi i limiti delle attrezzature»

Nella notte tra il 2 e il 3 maggio in Romagna sono piovuti fino a 250 mm di pioggia in trentasei ore, la quantità d’acqua che cade in quattro mesi. Piogge che si sono scaricate su terreni aridi, incapaci di assorbire l’acqua. Due settimane più tardi, l’evento meteorologico si è ripetuto quasi identico. Esondano 23 tra fiumi e torrenti. Si contano mille frane e 14 vittime. Già dopo la prima alluvione gli enti eseguono la mappatura degli argini dei fiumi attraverso i gruppi di Protezione civile.
«Abbiamo verificato i punti di fragilità causati da questi primi eventi atmosferici - ricorda Devid Minguzzi, coordinatore della Protezione Civile dell’Unione dei Comuni della Bassa Romagna, nonché comandante della Polizia locale di Cotignola - e le mappature sono state comunicate all’Agenzia regionale per la Sicurezza territoriale». L’obiettivo era intervenire nei punti fragili per sistemarli, ma non si è riuscito a completare il lavoro. Due settimane più tardi oltre alle falle ancora aperte, si sono registrate altre rotture degli argini che hanno allagato strade e Comuni. «Durante questa emergenza - continua - ci siamo resi conto anche dei limiti delle nostre attrezzature e dei nostri mezzi, che non rispondevano alle caratteristiche necessarie a intervenire in quella situazione». Anche solo utilizzare un mezzo di trasporto con un autoparlante, per esempio, per avvisare la popolazione e veicolare i messaggi di emergenza diventa impossibile se non hai autoveicoli con la capacità di guado superiore a 50 cm. «Non riuscivamo a recarci nelle aree allagate con i nostri mezzi - conclude Devid Minguzzi - e abbiamo dovuto aspettare i rinforzi. Diventa frustrante in queste circostanze quando sei li pronto a darti da fare, ma non puoi perché non sei bene attrezzato».
Mainetti: «Siamo senza mezzi per le visite mediche»
Luigi Mainetti è il presidente dell’Associazione volontari Solarolo monsignor Babini che da tantissimi anni svolge per il comune un servizio indispensabile: si occupa di consegnare i pasti, effettua trasporto disabili e trasporto dei pazienti oncologici che si recano in ospedale per le cure, così come dei pazienti dializzati. «La nostra piccola comunità - chiarisce il sindaco di Solarolo, Stefano Briccolani - non può più fare a meno del lavoro di questi volontari, che hanno in mano il welfare di questo piccolo paese. È una realtà per noi imprescindibile dal punto di vista dei servizi che offre alla popolazione e i nostri abitanti fanno molto affidamento su di loro».
Durante la seconda alluvione Solarolo è stata letteralmente sommersa sotto oltre un metro d’acqua con gravi danni per il sistema pubblico e per i privati. «La nostra associazione ha perso quasi tutti i mezzi che aveva - spiega Mainetti - compresi un’ambulanza. Alcuni sono rimasti bloccati e buona parte in distruzione. Senza contare i danni alla struttura con gli impianti elettrici saltati e i muri da ridipingere».
Il risveglio la mattina del 17 maggio è stato drammatico per i volontari dell’associazione, circa 70, ma non meno per i tanti anziani di Solarolo, rimasti a loro volta a piedi. «I primi giorni non si pensava alle visite mediche. Col ritorno alla normalità il problema si è presentato». Nel frattempo, l’associazione è riuscita a riparare due mezzi e a riceverne uno nuovo, un furgone attrezzato col quale sono ripresi i servizi di trasporto delle persone bisognose. Certo i ritmi di lavoro precedenti l’alluvione sono ancora lontani. «Noi siamo operativi 24 ore su 24 tutti i giorni - conclude - siamo nati così e oggi la popolazione si raccomanda di andare avanti. È impensabile fermarsi. Bisogna continuare».
L’aiuto dell’Acb e RomagnaNostra
Un tesoretto per aiutare i cittadini e in particolare quelli che si trovano in condizioni di fragilità. Così la presidente Cristina Tedaldi definisce i fondi che sono stati raccolti dall’Associazione Comuni bresciani nell’ambito di RomagnaNostra, la sottoscrizione promossa da Giornale di Brescia e Fondazione della Comunità Bresciana che ha superato i 700mila euro: è in corso la valutazione degli interventi da sostenere per conto della solidarietà bresciana. La donazione di Acb sfiora i 70mila euro e rappresenta «un buonissimo risultato, anche considerando le tante difficoltà con le quali devono fare i conti i nostri Comuni». Comuni che, a loro volta, hanno dovuto far fronte ai danni provocati dal maltempo subito dopo la terribile alluvione dell’Emilia Romagna.
Dai Municipi e da un paio di associazioni di volontariato di Corte Franca sono stati donati complessivamente oltre 58mila euro. Ai quali si aggiungono i 10mila versati direttamente dalla stessa Acb. «È una somma considerevole che andrà a beneficio delle realtà più colpite». La donazione più consistente è arrivata dal Comune di Brescia: ben 20mila euro. La presidente Tedaldi ricorda infine che nei giorni immediatamente successivi al disastro alcuni Comuni avevano offerto il proprio contributo direttamente alla Regione Emilia Romagna.
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