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Cosa dice l'Oms sulla fine dell'isolamento dei pazienti Covid

Per interrompere l'isolamento servono almeno dieci giorni dall'insorgenza dei sintomi e almeno altri tre dalla loro scomparsa
Una donna sottoposta a tampone - Foto Ansa/Made Nagi © www.giornaledibrescia.it
Una donna sottoposta a tampone - Foto Ansa/Made Nagi © www.giornaledibrescia.it
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Almeno tre giorni senza sintomi, dopo un periodo minimo di dieci giorni dalla loro comparsa, possono bastare per il rilascio delle persone in isolamento per avere contratto il Covid-19. Lo scrive l’Oms nelle nuove linee guida, pubblicate nei giorni scorsi.

In precedenza, l’Organizzazione mondiale della sanità aveva indicato il doppio tampone negativo per determinare la fine della malattia, ma ora l’impostazione è cambiata. Per chi ha sintomi, devono essere passati almeno dieci giorni dal loro inizio e almeno tre dalla loro scomparsa (niente problemi respiratori e niente febbre, escludendo l’uso di antipiretici), mentre per gli asintomatici basta che siano passati dieci giorni dal primo tampone positivo.

L’istituzione internazionale fa anche degli esempi. Se un paziente ha avuto i sintomi per due giorni, l’isolamento può terminare dopo 13 giorni dall’insorgenza (10 + 3); se i sintomi sono durati 14 giorni, l’isolamento può terminare dopo 17 giorni (14 + 3); se i sintomi sono durati 30 giorni, l’isolamento può terminare dopo 33 giorni (30 + 3).

Come mai questo cambio di rotta? L’Oms scrive che il doppio tampone è difficile da garantire, soprattutto (come abbiamo visto in Italia) nelle zone con un alto numero di contagi, anche in considerazione delle carenze di personale, materiale e attrezzature di laboratorio. Inoltre, lunghi periodi di isolamento «incidono sul benessere della persona, sulla società e sull’accesso alle cure sanitarie».

Ma c’è di più: gli esami clinici hanno fatto emergere come il virus venga rilevato in maniera limitata nei tamponi fatti a nove giorni dalla comparsa dei sintomi, soprattutto nelle persone che soffrono di forme lievi della malattia. Sembra dunque sicuro, scrive l’Oms, togliere i pazienti dall’isolamento dopo un periodo minimo di tredici giorni dall’insorgenza del Covid, visto che con il passare del tempo ci si attende una riduzione del rischio di trasmissione del virus.

Non è la prima volta che l’Oms rivede le proprie indicazioni e di certo non sarà l’ultima. Le acquisizioni scientifiche sul coronavirus sono ancora in corso e il contesto in cui le istituzioni locali si trovano a fronteggiarlo è molto variabile. In un quadro complesso, ci sono diversi aspetti da considerare, sia clinici, sia pratici, come sottolinea l’organizzazione. «Nonostante il rischio di contagio dopo la fine dei sintomi sia probabilmente minimo, stando alle conoscenze attuali, non è possibile escluderlo completamente», si legge nel documento. «Non esiste un approccio privo di rischi», aggiunge l’Oms e affidarsi in maniera rigida ai tamponi per certificare la negatività e interrompere l’isolamento «crea altre criticità, ad esempio una limitata possibilità di accesso alle cure per i pazienti colpiti in maniera grave dalla malattia o un utilizzo eccessivo del (poco) materiale diagnostico disponibile. 

Le nuove linee guida cercano dunque un equilibrio tra i vari fattori, anche tenendo conto del fatto che per i pazienti gravi con sintomi a lungo persistenti possono invece essere necessari esami di laboratorio per stabilire la necessità o meno di prolungati periodi di isolamento. Si tratta, ad ogni modo, di indicazioni che devono poi essere recepite dai singoli stati. La pubblicazione sull’isolamento risale al 17 giugno: si attende dunque una risposta da parte delle autorità sanitarie italiane.

 

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