Italia e Estero

Aiuti in Romagna, la causa del disastro nella quota del ponte della ferrovia

Dietro l’alluvione il cedimento dell’argine sinistro come accadde nel 1959 col paese allagato
Sant'Agata sul Santerno, volontari della protezione civile bresciani al lavoro dopo l'esondazione - Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
Sant'Agata sul Santerno, volontari della protezione civile bresciani al lavoro dopo l'esondazione - Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
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L’area è no limits per tutti per ragioni di sicurezza e perché è un cantiere denso di camion che transitano e di ruspe al lavoro. Ma basta uno sguardo per capire cosa sia successo a quell’argine, un terrapieno di massi e ciottoli ingabbiati, compattati dal terriccio durante la piena del Santerno nella notte tra il 16 e il 17 maggio.

«Il ponte della ferrovia è rimasto alla stessa quota della massicciata a cui era nel 1959, ossia un metro e mezzo più basso dell’attuale argine. La causa del disastro è questo ponte e il suo fare diga alla piena. L’acqua del Santerno gonfio, cresciuto di quasi dieci metri, come accadde nel 1959, anno dell’altra grande alluvione nel centro Romagnolo, trasportava tronchi e rami in grado si superare il ponte ferroviario. L’effetto di ostruzione alla piena ha fatto in modo che il terrapieno nei pressi dei piloni cedesse. La frattura dell’argine è avvenuta come nel 1959 fra Cà di Lugo e San Lorenzo» spiega un tecnico.

La storia infatti ci riporta: «Il 5 dicembre 1959 il Santerno infollì. Sin dal mattino una piena eccezionale, spaventosa, metteva gli argini a dura prova. Nelle primissime ore del pomeriggio si comprese che non avrebbero retto. O di qua, o di là, sarebbe avvenuto l’irreparabile. Si ripeterono le scene dello sfollamento non verso altri siti, ma verso i piani superiori delle case. Alle ore 17.38 di quel pomeriggio salta l’argine sinistro».

Così dall’invaso dell’acqua, nella notte tra martedì e mercoledì scorso sull’argine si sono formati dei fontanazzi con dei rivoli d’acqua che passavano sotto il terrapieno. «Il tratto indebolito ha poi ceduto. Dalla rottura dell’argine l’acqua è uscita con una velocità impressionante: ha invaso prima la campagna coltivata ad alberi da frutto, poi si è riversata in toto nel vicinissimo centro abitato. Avete capito bene - spiega il tecnico incontrato sull’argine in ricostruzione grazie al lavoro delle ruspe e di camion che versano ghiaia - l’intero fiume in piena ha trovato uno sbocco dall’argine eroso dalla forza dell’acqua e da lì è giunto in paese, acquistando anche una certa energia cinetica. Quindi l’inondazione si è spostata verso i comuni limitrofi, come Conselice, dove tuttora resta in buona parte del paese non riuscendo a defluire».

Ora la ricostruzione del terrapieno rimossi i binari rimasti sul vuoto scavato dall’acqua.

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