La sanità pubblica garanzia di democrazia

Dopo quarantasei anni di più o meno onorato servizio, il Servizio sanitario nazionale (inevitabile il gioco di parole) soffre terribilmente. È una crisi seria, di sistema, che compromette sempre più un’effettiva equità di accesso alle prestazioni da parte dei cittadini.
Il progressivo erodersi di uno dei diritti fondamentali, previsti anche dalla Costituzione che, in modo magistralmente chiaro, all’articolo 32 recita che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti» è preoccupante, a tratti angosciante, se si pensa che questa perdita si accompagna ad una fragilità della tenuta democratica del nostro Paese.
I diritti sociali, quali salute, lavoro e istruzione, non possono essere disgiunti da quelli liberali e democratici. In caso contrario, il solco delle disuguaglianze si acuisce e rischia di venir meno la tenuta di un modello che ci ha accompagnato dal dopoguerra ad oggi.
Come invertire la rotta? Intanto, bisogna prima chiedersi se, effettivamente, esiste ancora consenso unanime sulla necessità di invertirla, questa rotta. Se esiste una volontà politica di non far crollare il tempio. Solo in quel caso si può ripartire a ragionare sul futuro della sanità universalistica.
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