I titoli di coda su quella tragedia collettiva che è stata la pandemia

In Lombardia ci sono due casi di positivi ogni centomila persone. Una riflessione sul mistero della memoria che «cancella» il dolore nella Giornata nazionale per le vittime del Covid
Il Civile illuminato alla memoria delle vittime del Covid-19 - Foto © www.giornaledibrescia.it
Il Civile illuminato alla memoria delle vittime del Covid-19 - Foto © www.giornaledibrescia.it
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A quattro anni dall’inizio ufficiale della pandemia, lo sforzo è quello di tradurre in parole l’eredità, anche emotiva, che ci ha lasciato il Covid-19. Il tempo trascorso è poco e le ferite ancora sanguinano. Del resto, stiamo scrivendo solo un articolo di cronaca. Per la storia, dobbiamo attendere.

Ci si chiede, tuttavia, se la straordinarietà di quanto abbiamo vissuto sia destinata, da un lato, a presentarsi a tratti nella nostra memoria come un flash (si pensi a eventi che hanno scosso il mondo come l’attacco e il crollo delle Torri Gemelle a New York) e, dall’altro, a rappresentare invece un grande capitolo della nostra vita, come il primo giorno di scuola o il primo innamoramento.

La Giornata

Oggi si celebra la Giornata nazionale per le vittime del Covid, istituita formalmente dal Governo italiano nel 2021 per conservare la memoria di tutte le persone decedute a causa della pandemia. Oggi non a caso, perché il 18 marzo 2020 era il giorno in cui i camion militari carichi di bare sfilarono per Bergamo. Si scriveva, allora: «Il processo che stiamo vivendo in questi mesi segnerà un prima e un dopo nell’organizzazione della società, negli stili di vita e nell’identificazione delle preferenze individuali».

Elementi che suggeriscono alcune domande, che dobbiamo porre e dobbiamo porci, non prima, però, di capire qual è attualmente la situazione a livello epidemiologico. Intanto, un dato che, sì, dovrebbe rimanere inciso nella memoria – e non solo di quelli direttamente coinvolti nel lutto – a spiegare il drammatico momento di crisi nella storia dell’umanità. Nella nostra storia.

I dati

In base ai dati ufficiali dell’Istat, Istituto nazionale di Statistica, a Brescia e provincia nel periodo 2015-2019 la media annua di decessi è stata di 11.808 persone. Nel 2020, primo anno di pandemia, sono stati 16.608, con un aumento del 40,65% rispetto al periodo precedente. È stato l’anno del picco, della tragedia, della morte senza conforto. Ci si appella alla memoria selettiva, altro non si può fare per continuare a credere nella vita, nell’illusione di dimenticare i mucchi di sacchi neri contenenti i corpi dei deceduti per Covid, in attesa di essere tumulati senza che ai loro cari venisse concesso il conforto dell’ultimo saluto. Un appello che, spesso, cade nel vuoto.

Il numero di vite interrotte in eccesso rispetto a quelle attese è costantemente diminuito rispetto al 2020, anche se nel 2023 si sono comunque verificati 12.023 morti, circa duecento in più della media di quelli attesi. L’analisi epidemiologica conferma che siamo ai titoli di coda: la scorsa settimana, su base regionale, l’incidenza di nuovi casi è pari a 2,1 ogni centomila persone. Il virus del Covid endemizza, mantenendosi nella popolazione. Darà infezioni, ma troverà persone protette dalla vaccinazione e immunizzate naturalmente, quindi con blandi sintomi clinici.

Cosa ci ha insegnato

Che cosa ci ha insegnato, dunque, la pandemia? La risposta è complessa, tanto che anche l’impegno dei nostri medici, infermieri e mondo della sanità in generale, accolto come eroico nei momenti peggiori della pandemia, porta ora su di sé tutto il peso della stanchezza e dell’ingratitudine aggravate da una crisi strutturale del Servizio sanitario nazionale che lascia pochi margini di ottimismo se non si interviene a breve con adeguate risorse economiche accompagnate da una robusta visione.

I mezzi per contenere la diffusione del virus hanno acuito fragilità individuali e sociali. Come la sofferenza dei giovani, che ha radici profonde e che la crisi sanitaria ha messo in luce in tutta la sua drammaticità.

Mutuiamo le parole appena pronunciate da Giovanni Tria, già ministro dell’Economia: «Il Covid ci ha insegnato molto. La vera domanda, però, non è se abbiamo imparato qualcosa, ma cosa abbiamo fatto con quello che abbiamo imparato. E la risposta è: niente».  

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