Anche il calcio può essere donna

Una ragazza e il suo pallone. Sullo sfondo, un parco: un’altalena che cigola al vento e due panchine sbiadite più in là. Al centro della scena, una bambina con la maglia azzurra addosso. Calcia forte un vecchio pallone bianco a macchie nere. È leggermente sgonfio, ma poco importa. Mira con decisione una macchia di colore blu sul muretto che fa da contorno a quello spazio verde e tira, più forte che può. Lo fa tante volte finché la palla colpisce esattamente quel punto. E quando ci riesce, esulta come se avesse appena segnato nella finale degli Europei.
Quell’immagine, fatta di tenerezza e gioia, è molto più di un gioco: è un sogno che vuole diventare realtà. Una realtà che si è quasi realizzata negli scorsi giorni allo stadio di Genève dove la corsa delle azzurre si è fermata a un passo dalla finale. Una sconfitta che brucia, ma che non cancella la bellezza di un percorso fatto di orgoglio e passione. La loro impresa ha ispirato, emozionato e, ancora una volta, ha dimostrato che il calcio non ha genere. Ora, quando quella bambina calcerà quel pallone contro il muretto, saprà chi guardare, a chi ispirarsi. Saprà che non è sola. Chissà, magari sarà lei la prossima Cristiana Girelli.
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