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Rischio sismico, Prealpino ai raggi X per gestire i terremoti

Analisi su qualità di case, strade e sistemi post emergenza. Il Villaggio è vulnerabile per il 70%
Prove di resistenza nei laboratori Dicatam - © www.giornaledibrescia.it
Prove di resistenza nei laboratori Dicatam - © www.giornaledibrescia.it
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In Italia il rischio sismico lo si è valutato in modi diversi negli ultimi cinquant'anni. Prima dei terremoti del Friuli Venezia Giulia e dell'Irpinia si tendeva a fare prevenzione solo sui singoli edifici. Poi si è passati a tutelare anche la sicurezza dell'intero sistema urbano e infine, dopo l'Aquila nel 2009, anche la gestione dell'emergenza. Oggi un piano di prevenzione efficace dovrebbe tenere conto di tutti questi elementi.

«Su una scala di pericolosità, cioè di possibilità che si verifichi un terremoto, che va da 1 a 4, Brescia si attesta in zona 2 ed è la provincia più pericolosa di tutta la Lombardia - spiega il prof. Giovanni Plizzari, direttore del dipartimento e uno dei referenti della ricerca - A noi interessava indagare sia la vulnerabilità degli edifici sia la loro interazione con il contesto urbano, per capire se possono verificarsi problemi di sicurezza, come difficoltà nel recuperare i superstiti come è successo ad Amatrice».

La peculiarità di questo progetto consiste nell'aver valutato non solo le singole debolezze ma le reciproche interferenze fra più fattori di rischio. Il punto di partenza - e di novità - è stato infatti integrare in un'unica metodologia di analisi i tre approcci elaborati dal Gruppo Nazionale per la Difesa dei Terremoti, dall'Emilia Romagna nel 2004 e dalla Regione Umbria per la Condizione Limite per l'Emergenza nel 2013. «Per valutare un rischio sismico bisogna tenere conto di manufatti, reti stradali e sistemi strategici per l'emergenza - spiega Martina Zorzoli, autrice di questo metodo d'analisi integrata per la tesi di dottorato -. Ho quindi scelto tre parametri per quantificare il grado di vulnerabilità delle varie aree del Prealpino: la struttura degli edifici, la larghezza delle strade e l'interferenza degli edifici su queste. Proprio perché il crollo di un edificio su una strada di ridotta larghezza può impedire non solo la fuga ma anche l'accesso dei soccorsi».

In questo modo sono state individuate alcune zone più vulnerabili, come quella intorno alla scuola Pirandello. «Si tratta di un modo di procedere innovativo - commenta Roberto Busi, professore emerito e autore di uno studio sui villaggi Marcolini -, perché è multidisciplinare e si è avvalso di strumenti smart e metodologie combinate». Il tutto è stato man mano registrato in una cinquantina di mappe realizzate con i Sistemi Informativi Geografici (GIS), cioè software che permettono di creare mappe cartografiche elettroniche che collegano ad ogni elemento geografico rappresentato (un edificio, una strada ecc..) un database di informazioni.

In più, per verificare la vulnerabilità strutturale sono stati eseguiti dei test sperimentali su campioni di pareti prelevati da edifici esistenti: «Si tratta di laterizi forati - illustra Plizzari -. Dalle prove è emerso che la muratura possiede circa la metà della resistenza di quelle nuove». Un dato che ha portato Zorzoli a concludere un livello di vulnerabilità sismica medio-alta sul 70% delle case Marcolini.

«Le pareti potrebbero essere fortificate applicando un intonaco ad alte prestazioni e una rete metallica. Tutta questa analisi potrebbe essere utile per elaborare un piano di prevenzione mirato - conclude Martina Zorzoli -, proprio perché con i GIS si possono vedere le aree più critiche da cui partire. E questo ridurrebbe di molto anche i costi, oltre che dare ai cittadini un'idea chiara dello stato delle loro abitazioni».

 

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