Quando l’Intelligenza artificiale diventa Divina e illustra la Commedia
I «prof» si accorgono quando i ragazzi usano l’intelligenza artificiale. «Su certi argomenti è più facile rendersene conto. Per gli studenti ormai ha sostituito i motori di ricerca: Google è da boomer. Ma le cosiddette "allucinazioni" diventano la cartina al tornasole: quando leggiamo cose assurde riconosciamo l’AI. Non possiamo fare finta di niente: è un risorsa straordinaria ormai quotidiana e dobbiamo insegnare a sfruttarla».
Matteo Asti, docente di letteratura italiana e latina al Liceo Luzzago visto recentemente sul palco del TEDx Brescia, ne è così convinto che - insieme a qualche altro collega- ha deciso di inserirla nella didattica. «Come scuola abbiamo iniziato a ragionare sull’impatto potente dell’AI. Ne parliamo, ma soprattutto organizziamo attività per capire come si usano le chatbox, per far sì che gli studenti inizino ad abitarle. Non vietandole, ma sfruttandole in maniera efficace per risultati precisi».
Il progetto
Il lavoro che lui ha svolto è però ancora più particolare: non ha proposto le chatbox come ChatGPT, ma ha lasciato che studenti e studentesse di due classi si confrontassero con l’AI text-to-image, ovvero con i programmi che partendo dal linguaggio naturale permettono di produrre immagini. L’ha fatto nientemeno che con la «Commedia» di Dante: una terza del liceo linguistico e una terza quadriennale (ovvero una quarta del liceo scientifico tradizionale) hanno analizzato i canti di Inferno e Purgatorio (tre scene per gruppo di lavoro), trasformando la narrazione in immagini.
«Un lavoro del genere rende più divertente l’attività didattica, ed è utile per capire il funzionamento dell’AI - sottolinea Asti -. Questa va a recuperare da un immenso repertorio tante immagini, facendone una sola. Tutto dipende dal prompt, dal comando».
Ci si è resi conto, spiega, che creare un’immagine antica non è semplice. «I dettagli si fanno imprecisi, con forti invenzioni. Per esempio: il tema "inferno" si rifà ad archivi casuali. I ragazzi hanno capito come creare prompt molto lunghi lavorando sull’errore e creando formule efficaci. Prendere direttamente il canto non basta: bisogna intervenire».
Difficoltà
Oltre a ciò, Asti e i ragazzi si sono resi conto di quanti bias (pregiudizi) abbia l’AI. «È inevitabile - conferma Asti - perché replica i pregiudizi di repertorio (religiosi, razziali, di genere…). La tendenza è a rappresentare le persone con un certo colore della pelle o una fisicità molto conforme».
Come useranno l’AI questi ragazzi, dunque? «Speriamo sempre meglio e in modo più proficuo. Dal punto di vista etico e di auto-consapevolezza, la speranza è che capendone i limiti si rendano conto che non è sempre utile che l’AI faccia le cose al posto nostro. Non ci permette di imparare e molte volte sbaglia. Soprattutto, ha la tendenza a confermare pregiudizi. Ecco il grosso rischio. A scuola cerchiamo di allenare il senso critico: l’AI non dà sempre la risposta giusta».
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