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Meccatronica: misurare il mercato con elettrodi e sensori

La bresciana Thimus lavora per Bmw, Microsoft e Slow Food. Ma in Italia questa tecnica fatica...
Andrea Bariselli (a destra) durante una dimostrazione
Andrea Bariselli (a destra) durante una dimostrazione
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Nessuno è profeta in patria e forse il problema sta tutto qui. Mentre nel mondo, Stati Uniti in primis, si investono soldi e tempo nelle potenzialità delle neuroscienze applicate all’impresa, in Italia siamo ancora nei secoli bui. Se si pensa poi che proprio nel Bel Paese, a Brescia, nel 2016 è nata una realtà che internazionalmente è ritenuta culla di innovazione e competenze in questo campo, il rammarico si moltiplica.

La Thimus, attualmente con sede a Bolzano ma fondata dai bresciani Mario Ubiali e Andrea Bariselli, è un vero e proprio gioiello made in Italy, una start up che utilizza competenze scientifiche e tecnologie per analizzare la reazione di corpo e mente in determinate situazioni. «Il nostro lavoro è già ora fondamentale per un’azienda, grande o piccola che sia, che voglia capire come muoversi sul mercato» spiega Andrea Bariselli, psicologo e studioso di comportamenti dei consumatori.

«Attraverso degli elettrodi, applicabili in qualsiasi contesto grazie al wireless, studiamo l’attività elettrica del cervello. Con appositi sensori possiamo invece tenere sotto controllo aspetti più corporei quali la respirazione, il battito cardiaco, la dilatazione delle pupille». Tutti questi parametri, che richiedono solide basi scientifiche (Thimus ha al suo interno un team di sette persone che si occupa di meccatronica) e una profonda capacità di analisi dei dati, «permettono di registrare come le reazioni di un individuo allo stimolo indotto da un prodotto, sia esso cibo o di qualsiasi altra natura - evidenzia Bariselli -. Per un’impresa questo è fondamentale perchè non solo permette di modulare il proprio business, tarandolo a seconda del mercato di riferimento, ma interessa anche la produzione».

Esemplare il caso di un’azienda produttrice di cioccolato cliente di Thimus (l’agri-food è il principale comparto in cui opera): facendo assaggiare diverse tipologie di prodotto a cittadini di otto paesi europei la consulenza ha permesso di capire quale qualità potesse adattarsi o meno a questo o quel gusto, a seconda della risposta biologica e cerebrale dei soggetti controllati. Questa metodologia d’indagine sta raccogliendo grandi consensi fuori dai confini nazionali (Microsoft, Slow Food, Bmw, E.On sono solo alcuni dei partner dell’azienda bresciano-bolzanina), ma cozza contro una ritrosia prettamente italiana.

«Il rifiuto da parte delle imprese del territorio è dovuto principalmente ad un gap culturale ed infatti più di metà dei nostri clienti sono stranieri - evidenzia con amarezza Andrea Bariselli -. Abbiamo provato a far passare la nostra idea ma gli imprenditori hanno quasi sempre alzato muri. Innovare non è solo acquistare nuove macchine ma passa principalmente dalle persone e dai loro comportamenti».

Sul fronte accademico le cose non vanno meglio. La Thimus vanta una prestigiosa collaborazione con la Loyola University di Chicago, ma in Italia il rapporto con gli atenei è più complicato. «È capitato persino che cercassero di spiarci - chiosa il co-fondatore dell’azienda -, comportamento che è comprensibile se tenuto da un competitor ma non certo da un ateneo». Uno scenario che lascerebbe pochi spazi alla speranza ma Ubiali e Bariselli (due dei tre componenti di Thimus, con il numero che sale a dieci contando anche il team di meccatronica), non demordono e intendono restare in Italia.

«Nel nostro lavoro crediamo ci sia anche una forte componente etica. Un’azienda non deve produrre solo ricchezza. Ci deve essere anche un beneficio che si allarga a tutta la società. Molte innovazione nell’agrifood, ad esempio, sono veramente a beneficio dell’umanità».

 

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