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L'imprenditore Brunello Cucinelli affascina la Loggia

L’imprenditore umbro (600 milioni di fatturato) e una visione del mondo che rende possibili le utopie
  • Brunello Cucinelli in Loggia
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«C’è Brunello Cucinelli in Vanvitelliano. Vai e scrivi un pezzo». Temo, penso senza dirlo preoccupato che nonostante il titolo Impresa cultura trasfigurazione bellezza, l’incontro, seppure all’interno del calendario di appuntamenti per le celebrazioni di San Faustino, possa esser una miscela tecnica tra mercato, numeri di bilancio, industria 4.0 e moda.

L’ospite è l’imprenditore che ha avuto l’intuizione di colorare il cachemire. Oggi guida un gruppo quotato alla Borsa di Milano che fattura poco meno di seicento milioni di euro con 1.700 dipendenti, che ha una visione del lavoro che un tempo si sarebbe potuta definire olivettiano, se non fosse che Cucinelli ha lavorato negli anni complessi della globalizzazione, ha visto i cambiamenti dell’industria italiana, quelli della digitalizzazione e del Paese e la pervasività nella nostra vita di Internet.

Invece si è ascoltato qualcosa di diverso e di propositivo chiedendoci tutti alla fine «...ma Cucinelli è così perché lavora cachemire (alla francese) o cashmere (all’inglese) e si confronta con il mondo certo bello della moda e non con un pari collega metalmeccanico tedesco con il quale combattere sul cent per il prezzo? Oppure è così perché è così?».

C’è chi l’ha chiamato imprenditore filosofo, chi l’ha definito portatore di realismo magico grazie alla concretezza del suo lavoro e ad una visione ammaliante della vita e di ciò che ci si attende: il sindaco Emilio Del Bono, a conclusione di un’ora a braccio di lectio magistralis dell’ospite, ha commentato «messaggi con benzina forte». Un marziano in Loggia, verrebbe da dire. Ed eccoli i consigli di Cucinelli.

1) Non abbiate paura.
«Giovani non abbiate paura del futuro. Sostituite la parola paura con speranza. Vivere non è semplice, ma vivete il presente con leggerezza, parlando e sognando a ruota libera».

2) Meno connessi, più anima.
«Cercate di esser connessi il meno possibile, cioè il giusto e lasciate tempo all’anima» senza dimenticre la vita ed il lavoro fuori dalla Rete «in spazi che aiutano a stare con sé stessi o con gli altri».

3) Scuola al bar.
«Il bar come scuola»: ma attenzione, non come quel manager del «se vuoi puoi» che qualche settimana fa ha detto che non avrebbe mai iscritto suo figlio all’università. «Scuola, intesa come campo di travaso di esperienze, di discussioni con chi aveva più anni di me».

4) Preserviamo il mondo.
«Lavoriamo per il giusto profitto senza arrecare danni al creato, facciamoci custodi della natura, di tutto ciò che di bello ha realizzato chi ha abitato questo pianeta prima di noi». In quell’attimo suonano le campane nei dintorni e Cucinelli - prontissimo - commenta «dove potreste ascoltare un suono così a New York» e, contestuale, arriva l’elogio dell’edificio che ospita la sala dei giudici invitando così a «rimanere umani, senza respingere la tecnologia ma riconoscendone i limiti» e la conseguente impossibilità della tecnica di dare vita al mare, alle montagne, a un bosco, a una chiesa o ad un’opera d’arte «le uniche cose che possono davvero emozionarci».

A seguire, prima un messaggio di fiducia, quando Cucinelli, ha detto « …stiamo vivendo una stagione dopo la quale arriverà una rinascita dei valori», e subito dopo uno avverso al pensiero dominante, quando ha ricordato cosa disse Pericle di Atene descrivendo agli ateniesi la loro città.

Con 65 anni d’età e 40 di azienda, l’imprenditore umbro in Vanvitelliano ha proposto la sua visione d’impresa filosofica ma non immaginifica, coltivata a Solomeo dove l’azienda ed il borgo sono cresciuti, ma soprattutto la sua idea dei giovani, delle loro speranze, dei loro sogni ricordando Tommaso Moro e il suo lavoro più noto, L’utopia, di inizio 1500 «ma che rimane attuale perché ci fa tornare a immaginare un mondo più sereno e felice per tutti, un mondo migliore… dobbiamo riprenderci cura delle nostre città, sentirci custodi pro tempore, non proprietari, ma con il dovere quindi di custodire il benessere di chi ci vive».

Una conversazione in cui si sono ascoltate parole come felicità, armonia; non proprio comuni negli speech degli uomini di economia. Il borgo di Solomeo. Parole cui l’imprenditore nel suo percorso ha fatto seguire i fatti: la nuova costruzione del Foro delle Arti con Biblioteca neoumanistica aureliana; il recupero del castello diroccato di Solomeo come sede dell’azienda prima e di opifici già esistenti - ma inutilizzati - per evitare di costruirne di nuovi per sostenere la crescita; la Scuola di Solomeo di arti e mestieri: iniziative naturalmente possibili grazie - si legge nel sito - alla «benevola accoglienza che il mercato, nel frattempo divenuto internazionale, riserva ai prodotti italiani di qualità» dando all’imprenditore la possibilità di dare concretezza si suoi ideali.

L’esordio della conversazione in Vanvitelliano era stato con «la connessione ha inaridito l’anima, reso l’uomo più triste, intollerante, pessimista», oppure «il profitto è il dono», o «i nostri figli hanno bisogno di sentirci parlare di ideali». Ha concluso dicendo «Se tu vedi una cosa bella ti cambia la vita». Verissimo, sia essa palazzo Loggia, un bel capo d’abbigliamento e - per noi «metalmeccanici» bresciani - anche un fascio di tondino, una ruota in lega e tutto quello che esce dalla mano dell’uomo.

 

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