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«Le scuole di formazione tecnica non sono di serie B»

Paola Artioli (vice presidente Aib) e Cinzia Pollio (direttrice di Isfor) spiegano perché il Bresciano è un'isola felice
La vicepresidente di Aib, Paola Artioli (a destra) con Cinzia Pollio, direttrice di Isfor - © www.giornaledibrescia.it
La vicepresidente di Aib, Paola Artioli (a destra) con Cinzia Pollio, direttrice di Isfor - © www.giornaledibrescia.it
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Il Bresciano si sa essere un'isola felice nel panorama produttivo italiano e, se i problemi si presentano qui, tutto il Paese non può dormire sogni tranquilli. Nella testa dei nostri imprenditori, sui tavoli delle organizzazioni di categoria e degli enti c'è una questione che più di altre tiene svegli la notte, l'annoso capitolo formazione che si lega alla problematicità del trovare personale qualificato.

Questi sono anni dove molte aziende ormai cercano ingegneri a lotti, per non parlare dei periti. Si dice (ma forse non è una favola) che le aziende ormai vadano a pescare ed opzionare i ragazzi di terza superiore. Se scriviamo che il solo sistema industriale bresciano cerca più di mille ingegneri crediamo di non dire un’amenità. E poi c’è una sorta di tema dei temi: come riqualificare chi già sta in azienda; i tecnici o gli operai sulla cinquantina che hanno anni di esperienze alle spalle ma anche anni di lavoro davanti. Che fare, come muoversi?

Ne parliamo in una intervista a due voci con Paola Artioli, vice presidente di Aib per l'Education nonché presidente della Fondazione Aib, e con Cinzia Pollio, direttrice di Isfor.

Parlando con estrema sincerità, si può dire che esista un problema in campo formativo?
Paola Artioli. La lacuna è evidente, sia nelle scuole sia nelle aziende. Il digitale è ancora troppo poco approfondito ma questa carenza è un problema che va aldilà del solo contesto produttivo, interessa la società intera e come si svilupperà nel futuro. Perché se è vero che le imprese hanno bisogno di figure professionali, ancor più vero è il fatto che le persone devono e dovranno trovare un'occupazione per vivere.
Cinzia Pollio. Il 50% dei lavori che si fanno oggi potranno essere nei prossimi anni completamente automatizzati, è uno scenario più che probabile ma ciò non deve spaventare. Ogni rivoluzione che c'è stata nella storia, e così quella digitale, porta con sè un'ondata di cambiamento a cui però fa seguito una ricomposizione.

Non bisogna però farsi trovare impreparati. Qual è la strada da seguire?
Paola Artioli. Dobbiamo far capire, e in questo le istituzioni hanno un ruolo fondamentale, che le discipline tecniche non sono di serie B rispetto a quelle umanistiche, che non sono una scelta di minore valore. Mi chiedo come sia possibile che in Italia tutti i ragazzi non siano portati per la matematica. Questa mentalità deve esser modificata fin dai primi gradi d'istruzione ed è per questo che come Aib stiamo sviluppando un percorso di avvicinamento al 4.0, che parta già alle medie con coding e insegnamento dei principi digitali di base.

La formazione professionale non attira i giovani ma lo stesso vale per l'istruzione superiore.
Paola Artioli. È chiaro che il basso numeri di studenti iscritti agli Its è un problema non da poco. A Lonato abbiamo avviato quello di Meccatronica e stiamo ragionando sulla possibilità di aprirne uno dedicato all'Ict. Non faremo però più un passo in avanti se le istituzioni, Stato e Regione, non ci assicureranno il loro supporto economico, visto che le aziende sono sempre in prima linea per contribuire ma non possono sobbarcarsi tutto il peso.

E il mondo dell'università?
Cinzia Pollio. Dagli atenei non solo escono pochi ingegneri e matematici ma al contempo non sono presenti percorsi didattici strutturalmente rivolti alla digitalizzazione. Ancora una volta qui a Brescia siamo però un esempio virtuoso, dove la collaborazione tra InnexHub, Isfor e Statale è costante e fruttuosa.

Altra grande questione è quella che riguarda la riqualificazione del personale già assunto. Come si deve procedere in questo ambito?
Paola Artioli. È una transizione necessaria nella quale le aziende devono essere accompagnate e come organizzazione di categoria siamo in campo quotidianamente. Solo le istituzioni possono però veramente dare una mano in termini pratici, stanziando apposite risorse per questo obiettivo.

Il digitale ha regole chiare, precise e ovviamente un'azienda singola, soprattutto se micro o piccola, non può pensare di scalare da sola questa montagna. Qui s'inserisce Isfor.
Cinzia Pollio. Dobbiamo affrontare prima di tutto una tematica culturale in quanto c'è bisogno che la formazione diventi veramente continua. In quest'ottica abbiamo stilato un programma unico nel panorama nazionale, davvero anticipatorio sotto molti aspetti, con più di venti corsi rivolti sia agli imprenditori e ai manager sia agli addetti ai lavori, cioè chi quotidianamente vive a contatto con i problemi dell'organizzazione, della gestione e della produzione.

Quali sono le caratteristiche dell'offerta?
Cinzia Pollio. Forniamo competenze di base e informazioni su cosa nel concreto sia la digitalizzazione ma, addentrandosi nel programma, si possono invece trovare percorsi più settoriali che vanno oltre le competenze digitali di base. A qualsiasi livello però i docenti sono di primissimo piano, esperti del settore che arrivano dalle migliori realtà formative nazionali.

Punte di diamante della nuovo piano di Isfor sono i quattro corsi di perfezionamento.
Cinzia Pollio. Verso la manifattura 4.0, Big Data management e Data analytics, Industrial IoT, Collaborazione uomo e robot sono stati pensati per approfondire alcuni argomenti specifici. Il primo percorso, dedicato alla manifattura digitale, partirà il 14 aprile e durerà 110 ore. Sarà rivolto sia ad imprenditori e manager sia ai responsabili dei processi, dei sistemi informativi aziendali, dell'industrializzazione, dell'automazione e della digital transformation.

 

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