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La tecnica Fast tracking rileva in due ore il rischio patogeni

La metodologia messa a punto dal Csmt consente di «stanare» anche i virus, compreso il Sars-CoV-2
L'analisi biomolecolare sviluppata da Csmt consente di rilevare batteri e virus
L'analisi biomolecolare sviluppata da Csmt consente di rilevare batteri e virus
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Con la pandemia di Covid-19 l’attenzione verso prevenzione e neutralizzazione di agenti patogeni ha fatto un repentino scatto in avanti, portando questi due aspetti all’attenzione di persone, e soprattutto aziende, che raramente se non mai prima d’ora vi avevano badato. Chi invece non ha mai preso alla leggera la questione, sviluppando soluzioni e metodologie sempre più performanti, è il mondo della ricerca.

Non è infatti un caso che già prima dello scoppio dell’emergenza sanitaria il Csmt stesse sviluppando un sistema di analisi rapida degli agenti patogeni (virus, batteri), «la cui nascita si deve allo sviluppo, e quindi alla necessaria prevenzione, di malattie quali la salmonella» spiega la biofisica del polo tecnologico bresciano Laura Treccani. Questa metodologia, efficace per il coronavirus così come per tutti gli altri patogeni, prende il nome di Fast track e consta «di un’analisi biomolecolare che si basa sulla polimerizzazione a catena - afferma Treccani -, in grado di duplicare e quindi analizzare il dna o rna di un patogeno». In parole semplici, il sistema permette di effettuare analisi in modo rapido (gli esiti arrivano in due ore) e partendo da un qualsiasi tipo di campione, scoprendo al contempo in modo preciso la presenza di virus o batteri e catalogandone caratteristiche e quantità.

«Il Fast tracking è effettuabile senza ricorrere alle analisi di laboratorio (in questo caso gli esiti arrivano dopo diversi giorni ndr) e direttamente in azienda - sottolinea il responsabile dell’area Ricerca applicata e sviluppo sostenibile Gabriele Zanetti -. Si pensi per esempio quanto può essere utile scoprire subito se una data superficie o se questo o quel prodotto, per esempio nell’ambito agroalimentare, presentano dei patogeni». Ulteriore caratteristica del sistema è quello di riuscire a distinguere tra batteri vivi e morti, «informazione importante in ottica di sostenibilità ambientale per calibrare l’utilizzo dei prodotti di disinfezione» spiega Treccani.

Disinfezione, questa praticata tramite l’uso della consolidata tecnologia dei raggi ultravioletti, che è al centro anche dell’accordo tra Csmt e Istituto nazionale di Astrofisica per lo sviluppo di un progetto pilota sul corretto utilizzo della tecnologia (UvC). «Sperimentando l’applicazione di un software dell’Inaf solitamente impiegato per gli studi sulla luce cosmica, stiamo studiando l’irradiamento dei raggi Uv - racconta Treccani -, per scoprire qual è il posizionamento migliore delle lampade in ambienti chiusi al fine di efficientare al meglio la disinfezione».

Attualmente al vaglio di Csmt e Inaf c’è anche l’uso per il medesimo scopo di luci led invece che ultraviolette. «Tutte queste ricerche in corso sono utili per affrontare la pandemia ma lo saranno anche per qualsiasi altra malattia già esistente o che dovesse presentarsi, di qualunque estensione o gravità - conclude Zanetti -. Come Csmt il nostro obiettivo e far sì di trasferire tali ricerche e tecnologie nelle aziende, in modo che possano aumentare ulteriormente la loro capacità di prevenzione».

 

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