La blockchain è affidabile, sicura e trasparente. Ma cos’è?
Ha fatto notizia nei mesi scorsi il lancio di Carrefour della prima blockchain dedicata alla filiera del pollo. Scannerizzando il codice Qr posto su ogni confezione, i clienti di Carrefour sono stati i primi in Italia a poter ottenere via smartphone tutte le informazioni legate alla filiera del pollo, dalla sua origine fino alla vendita. Questo perché il suo storico è stato inserito in un database digitale che garantisce l'immutabilità dei dati registrati.
La blockchain è uno degli hype del momento: tutti ne parlano, o ne hanno sentito parlare. Ma se poi si cercano di tradurre nel concreto, cioè fra le aziende, le sue possibilità di business, c'è ancora un po' di confusione. «C'è curiosità sul tema, ma va fatta un po' di chiarezza - ha confermato Giancarlo Turati, ad di Fasternet, che col GdB ha organizzato un incontro in Sala Libretti -. Occorre innanzitutto ricordarsi che la blockchain è una tecnologia, dunque uno strumento e non un modello economico. La domanda da farsi allora è: come posso utilizzarla al meglio per generare business?».
Per trovare una risposta, bisogna però stabilire alcuni punti chiave. E lo ha fatto Giancarlo Gervasoni, presidente della Iobo (rete d'imprese per la digitalizzazione), che ha voluto fissare una prima definizione di blockchain: «È un libro mastro sicuro e condiviso di transazioni. Queste, invece di essere proprietà di un singolo provider, sono distribuite in una serie di pc collegati». In altre parole: la blockchain è un database o registro strutturato in blocchi collegati fra loro, in cui le transazioni sono condivisibili da più nodi, cioè i server di ogni partecipante alla blockchain. «Ciò ne fa un sistema sicuro - prosegue Gervasoni -, perché per cambiare una sequenza della catena bisogna cambiarle tutte; affidabile, perché per modificare qualcosa occorre il consenso di tutti i partecipanti; e trasparente, perché tutti possono vedere tutto».
Caratteristiche, queste, che provvedono a sfatare anche l'idea di una natura truffaldina tout court dei bitcoin, la criptovaluta più nota. Basandosi (e non identificandosi, come spesso si crede) sulla blockchain, ogni transazione effettuata coi bitcoin è tracciata e visibile, con una storia interamente ricostruibile. Proprio perché ogni dato viene conservato nella catena e, ha precisato il prof. Michele Melchiori, modificarlo «richiede il consenso di almeno il 51% dei membri, nonché un costo in termini di consumo di energia elettrica elevatissimo: 7 miliardi di dollari per 10 minuti».
Come per tutte le tecnologie, dipende dal valore che se ne ottiene. Le opportunità però ci sono, e lo dimostrano l'attenzione crescente riservata al tema da Commissione Europea e Sec (Usa). E senza andare tanto in là, in Italia c'è il caso della Società Italiana per l'Automazione (Sia), che detiene una delle più grandi reti al mondo di Permissioned blockchain (cioè in cui la governance delle transazioni è affidata a un gruppo specifico). Secondo Ilario Belli, responsabile della Open Innovation di Sia, «la blockchain agevola la fideiussione bancaria e apre interessanti prospettive per il commercio, come la possibilità di proporre buoni acquisto digitali, che favorirebbero mercati come quelli del vino, supportandone la produzione».
Certo, l'argomento è complesso e per evitare delusioni o danni serve conoscerlo bene. Un aiuto può arrivare però dalla solidarietà fra imprese, come ha suggerito il manager di Iobo Davide Sangiorgi: «Soprattutto in un territorio come quello bresciano, che ha sempre dimostrato la sua eccellenza facendo sistema».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia