L’Homo faber non basta più

Gli imprenditori ci vivono immersi, chi invece guarda le dinamiche economiche da un altro punto di vista lo è molto meno. Ma alla schizofrenia contemporanea dei mercati si fa fatica ad abituarsi. Dazi e sostenibilità, Cop29 e guerra in Ucraina. E poi Germania, digitalizzazione, inflazione, Trump e materie prime critiche.

L’elenco delle variabili in questo mondo interconnesso potrebbe continuare per righe e righe. Cosa fare quindi? Perdersi d’animo è semplice, così come è facile cercare una soluzione in solitaria. Il mito dell’Homo faber costruttore della sua fortuna può però portare a perdere di vista quale, nel mare magnum in cui le aziende si trovano a navigare, è (forse) l’unica soluzione ai problemi delle imprese europee: l’unità.

Come affrontare altrimenti le grandi potenze mondiali, che con il bastone e la carota sono pronte a premiare o punire i Paesi che non si comportano come vorrebbero? Solo insieme le aziende, sotto l’egida dell’Unione europea, possono pensare di affrontare i Golia dei mercati, ovviamente non rinunciando alla loro tipicità e unicità.

I fari dell’innovazione tecnologica e della sostenibilità tripartita (ambientale, sociale e di governance) devono essere la spada e lo scudo in questa sfida che ha assunto sempre più le dimensioni della lotta esistenziale.

Anche Brescia in questo senso non può tirarsi indietro e deve riuscire a rispondere al richiamo all’unità. Le sconfitte, le troppe partite aperte, persino i successi devono essere interpretati in chiave di ecosistema, dove ogni parte è in salute se l’insieme lo è. E viceversa.

La logica dell’uomo solo al comando non è infatti più redditizia. Bene quindi l’unità di intenti su iniziative come Futura Expo, ora serve però uno scatto ulteriore. Con le istituzioni pubbliche che devono ergersi al fianco del mondo produttivo, non in contrapposizione. Perché il bene comune è anche economico.