GdB & Futura

«Fai un’azienda dove manderesti a lavorare chi ami di più»

La sorprendente lezione per il Csmt di Sergio Casella, manager dell'azienda americana Barry Wehmiller
Sergio Casella, manager di Barry Wehmiller
Sergio Casella, manager di Barry Wehmiller
AA

Ecco uno che mette insieme teoria e pratica, belle teorie e buone pratiche. Di questi tempi se c’è una parola usata e abusata è etica: «Quando la sento metto mano alla pistola», è una battuta ma gira. Poi invece ti capita uno come Sergio Casella e cominci a fare un po’ di pace con l’etica, soprattutto se declinata in ambito economico, cominci a capire e a vedere che in azienda non basta essere, diciamo così, bravi, ma anche buoni. Parlo in primis degli imprenditori. E poi ti stupisci nel capire e vedere che questo è un sistema che fa anche fior di utili.

Casella non immagina un mondo perfetto, è più che possibile che poi, nel grattarci sotto, non tutto sia poi così magnifico. Però, insomma, ha la capacità di raccontare con una angolatura nuova vecchie cose e poi - molto importante - è uno che queste cose le fa. E le fa in un gruppo industriale americano: Barry Wehmiller (francamente mai sentito prima) ma che ha un giro d’affari di 3 miliardi, 12 mila addetti e stabilimenti in mezzo mondo. Diciamo che fa macchine in senso lato e diversificato. Casella segue, in particolare, la divisione che fa impianti per la lavorazione della carta che, da quanto ho capito, è un po’ la «ciccia» della BW.

L’incontro con Casella lo propizia il Master MAXE organizzato dal Csmt. E il tema è un po’ il cuore stesso del master: l’etica e l’innovazione. E Casella dimostra che le due cose non solo possono andar d’accordo, ma dice che senza la prima è difficile ci sia la seconda. La lezione di Casella è stata ampia. Delle tre ore ho portato via due o tre cose che scrivo.

Il prodotto sono le persone. È la chiave della filosofia BW: tutto parte e ruota attorno alle persone, a quello che chiamiamo capitale umano. Tutti ci diciamo che è la cosa più importante ma poi, nel concreto, che si fa? Premessa: bisogna partire dalla cima, e quindi dalla leadership sapendo che le aziende sono anzitutto un insieme di persone, poi di macchine e processi. Non è una delle tante cose: è l’essenza della storia. E quindi devi partire da qui: io non ordino, io faccio. Dare esempio è un atto di coraggio. La leadership non è nostra, ci è data. Se sei leader lo leggi negli occhi di chi ti sta vicino. «Non so fare questa cosa». E quindi, coraggio per coraggio, nel sistema BW si può dire «Io non so fare questa cosa», anzi: se lo dici ti premiano perché eviti quello che si chiama la teoria degli alibi per cui se non sai fare una cosa la fai male ma dovrai trovare qualcuno cui dare la colpa che a sua volta dovrà trovare il capro espiatorio e via andare in uno spreco di energia e risorse.

E invece bisogna creare la squadra. Tocca al leader (etico) instaurare una «relazione di cura», essere pronto al sacrificio, generoso nel trasferire conoscenze. Serve coraggio nel dettare un nuovo paradigma: il profitto non è la misura del successo. E pensate un po’, invece, a come schizzano all’insù i titoli in borsa quando un’azienda annuncia licenziamenti.

Pagati e appagati. Il focus ora deve essere sulle persone, meno sui processi, per questo nelle fabbriche serve anche un filosofo, oltre agli ingegneri per gestire i processi, perché non si avrà innovazione se non si lavora con gente - attenzione attenzione - appagata, che è qualcosa in più dell’esser pagata (a fine mese). E tornano in mente, evocati da Casella, il vecchio J. Mainard Keynes che ricordava come «La difficoltà non sta nelle nuove idee, ma nell’emancipazione da quelle vecchie», accanto al barbuto Karl Marx e alle sue invettive contro la rivoluzione industriale che ha levato la dignità alle persone.

Denaro emozionale. Bisogna cambiare paradigma, la busta paga non è l’unica misura della vita, c’è anche quello che chiamiamo denaro emozionale. E quindi e per far sintesi, signori imprenditori e manager, fatevi una semplice domanda e prendetela come un compito per casa: come dovrebbe essere un’azienda in cui manderei a lavorare la persona che amo di più?

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia