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«Da Averroè a noi: l’intelligenza artificiale generativa e il nuovo intelletto unico»

Il professore Alessandro Carrera ospite dell'UniBs oggi alle 16 a Ingegneria: «Una macchina però non è dotata di inconscio»
Alessandro Carrera
Alessandro Carrera
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La convinzione che esista un intelletto unico esterno all’uomo sta tornando, dopo aver viaggiato nei secoli, da Aristotele passando per Averroè, Dante Alighieri per giungere fino a noi. E questo intelletto unico si identifica con l’intelligenza artificiale generativa.

Per Alessandro Carrera, professore di Italian studies e World cultures and literatures alla University of Houston e letterato, «tale concezione nasce nell’interpretazione data dai filosofi arabi del concetto di intelletto unico aristotelico, portato alla sua massima espressione da Averroè - spiega -. Secondo il filosofo l’uomo non pensa realmente, non può creare nella sua mente il Giusto o il Bello. L’uomo entra in contatto con le idee di questa entità eterna e da con queste crea delle immagini. L’intelligenza dell’uomo perciò non è imperitura così come non lo è la sua anima».

Nel ‘200 tale interpretazione prende forza, grazie soprattutto ai filosofi bolognesi, e trova in Cavalcanti prima e Dante poi dei sostenitori. «Alighieri poi se ne discosta ma se ne trovano tracce nelle sue opere, nel Convivio, nel De Monarchia così come nella Divina Commedia - aggiunge -, dove pone il seguace di Averroè Sigieri di Brabante direttamente in Paradiso».

L'incontro

«Intelligenze artificiali e intelligenze angeliche. L’intelletto attivo e i suoi sviluppi medievali dagli aristotelici a Dante» è perciò il titolo dell'incontro che si terrà oggi dalle 16 alle 19 nell’aula B.05 della sede di Ingegneria dell’UniBs di Via Branze 43, ad accesso libero e organizzato dal Dipartimento di Ingegneria meccanica e industriale: protagonista sarà proprio il professor Carrera, introdotto dalla codirettrice del master in Intelligenza artificiale, mente, impresa dell'Università degli Studi di Brescia Nicoletta Cusano.

«Questa idea di una fonte esterna a noi con la quale entriamo in contatto e alla quale abbiamo liberamente accesso si può ravvedere ancora oggi con l’intelligenza artificiale generativa - rimarca il professore -, chatbot, quindi macchine, che creano pensieri grazie al machine learning». Carrera riporta in questo contesto un recente dibattito al quale ha assistito al Festival della filosofia di Modena. «Qui un filosofo e un giurista stavano discutendo sul ruolo del giudice e sulla sua terzietà in sede di giudizio - racconta -. Dal pubblico è stata rivolta la domanda “Perché allora non si fa decidere all’intelligenza artificiale, terza e senza pregiudizi?". Sia il filosofo sia il giurista non hanno risposto»

E dinanzi a questo nuovo intelletto unico liberamente accessibile e che tutto sa nemmeno la coscienza, intesa come consapevolezza di cosa si sta facendo, può essere utilizzata come discriminante: «Non possiamo osservare ciò che è interno a noi».

Inconscio

Ciò che secondo l’originale e innovativa concezione di Carrera si pone come vero limite è l’inconscio. «Esso si manifesta tramite il linguaggio, tant’è che lo psicanalista Jacques Lacan chiedeva ai suoi pazienti di parlare dei loro sogni, non di restituirne le immagini (concezione archetipica di Jung), perché attraverso le parole riusciva a cogliere il non detto, l’inconscio. Ciò una macchina non credo potrà mai farlo». 

Resta però intatta la convinzione di molti che, tra eccessi di timore e di entusiasmo, vedono nell’intelligenza generativa l’intelletto unico. Così vicina eppure così distante dall’averrosimo dei filosofi di Bologna e da quella «felicità mentale» che l’uomo poteva raggiungere entrando in contatto diretto con le idee, senza la mediazione di Dio.

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