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Cybercriminalità seconda emergenza dopo quella climatica

L’alert della UE: il business criminale alimenta un giro di 74 miliardi l’anno: tutti connessi e tutti a rischio. Che fare?
Tutto ciò che è connesso è a rischio - © www.giornaledibrescia.it
Tutto ciò che è connesso è a rischio - © www.giornaledibrescia.it
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Sicurezza informatica, cybersecurity e quindi cybercrime, virus, malware, addirittura cyber war, la guerra informatica ai cui confronti Guerre Stellari appare per davvero un gioco. Non sono cose nuove in assoluto, da qualche tempo (da quando il digitale ha preso piede, diciamo un dieci anni poco più) ogni tanto si sente di attacco informatico, di pirati - gli hacker - che t’infettano il pc o lo smartphone o il sistema informatico aziendale e poi ti chiedono un riscatto (da pagarsi in bitcoin).

Tutti sotto attacco. Secondo il Rapporto Clusit (massimo ente di rilevazione del settore) lo scorso anno il 50% delle grandi organizzazioni ha subìto un attacco e le aziende (grandi o piccole e indipendentemente dal settore in cui operano) hanno serie probabilità di un attacco nei prossimi 12 mesi. Un panorama inquietante, con la UE che, per bocca del suo ex presidente Juncker, un anno fa affermava che «il cybercrime è il secondo più grave problema europeo dopo il cambiamento climatico». Non c’è da stare allegri. Ma bisogna lasciare spazio alla ragione accantonando l’emozione. Qualcosa - direi molto, a quanto s’è sentito - si può fare.

All’Area12 di Casazza, nei giorni scorsi Fasternet ha riunito un buon centinaio di tecnici e clienti, per presentare quella che Giancarlo Turati definisce come la «Visione olistica di Fasternet della cybersecurity» che vuol dire, lo ha ricordato Turati, che bisogna avere della sicurezza una visione complessiva perchè il digitale ci ha pervaso, invaso per meglio dire. Ricordate Wannacry? Un dato riassume il quadro d’allarme. Si stima che il crimine informatico "fatturi" 74 miliardi l’anno ed ha una progressione esponenziale. Nel maggio 2017 c’era stato il virus Wannacry che appestò mezzo mondo. Pare sia ancora ben vivo Conficker che - lo ha ricordato Ruggero Contu di Gartner (consulenza strategica e ricerche nella tecnologia informatica, 15mila clienti nel mondo) - continua a mietere milioni di vittime.

Il D-Arch, la proposta commerciale di Fasternet, presentata nei giorni scorsi all’Area 12 di Casazza - © www.giornaledibrescia.it
Il D-Arch, la proposta commerciale di Fasternet, presentata nei giorni scorsi all’Area 12 di Casazza - © www.giornaledibrescia.it

E gli allarmi non cessano. Il cloud seguiterà a crescere (in tre anni +50%) e in parallelo crescerà il rischio. E crescerà anche - e forse soprattutto - per l’arrivo dei nuovi sistemi 5G che significano la diffusione di massa dell’Iot, internet delle cose che porterà alla sensorizzazione di massa: miliardi e miliardi di sensori a guidare auto, gestire abitazioni, ma anche ospedali, aziende eccetera. Tutti e tutto sensorizzato e tutti e tutto a rischio. È guerra, in senso letterale. Antonio Fiorentino, esperto in digital forensics, ha ricordato il caso (riportato anche da Report-Rai3 nei giorni scorsi) di un albergo austriaco messo ko: un hacker impediva l’acceso dei clienti alle camere (ovviamente si chiedeva un riscatto in bitcoin). Ma, andando su livelli più alti. L’Ucraina è stata invasa (Mosca?) per 2mila volte da virus informatici.

È la cyber war. E gli esempi potrebbero andare avanti. Pensiero finale (non tranquillizzante): «Tutto quel che è connesso è vulnerabile». Attrezzarsi alla difesa non è un optional. «Fino a qualche anno fa - commenta Turati - avevamo una serie di perimetri: c’era la casa e c’era la fabbrica. Adesso tutta la società è digitalizzata. Si va al lavoro e si usano strumenti (smartphone) che poi si possono usare anche fuori, a casa, dappertutto. Il mondo virtuale si è impossessato di quello reale. Mettere delle barriere di sicurezza è un imperativo».

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