Cinesi e americani a caccia di startup: serve una mosse Ue

Il fenomeno non è nuovissimo, ma, stante l’accelerata impressa, serve un qualche riparo. Il fenomeno è quello di capitali cinesi e americani che stanno dando la caccia alle più promettenti aziende innovative su scala europea. I grandi fondi non smettono di mettere nel mirino i grandi gruppi, ma la novità è che adesso la scala si è un po’ abbassata sul fronte dimensionale: rilevare startup, ovvero aziende più o meno in fasce ma con potenziale promettente.
Dallo loro, cinesi e americani hanno soldi ma, soprattutto, sanno quel che interessa al mercato di domani perchè in Cina e States si sa che il futuro è un passo avanti. Non c’è nulla di illegale, intendiamoci: pagano e quindi comprano. Per chi vende spesso è un bingo, per il sistema (europeo nel caso nostro) è un impoverimento. Un po’ quel che accadeva sui nostri mercati rionali: i cinesi pagavano e via via ci si è ritrovati ad avere i mercatini di natale con gli occhi a mandorla.
E però, come detto, è il sistema che si impoverisce. E quindi è tardivo ma pur sempre benemerito il possibile intervento che il Fei (il fondo europeo per gli investimenti) sta studiando: ovvero aggregare grandi istituzioni finanziarie europee per dar vita ad un fondo che investa in start up, meglio in scale-up, ovvero in start-up che hanno superato la prima fase d’avvio. In chiave italiana c’è la disponibilità di Cassa depositi e prestiti e di Intesa Sanpaolo; altre verranno sondate.
Direi che la speranza è di chiudere alla svelta e partire. Su quella che viene chiamata «autonomia strategica» abbiamo già perso troppo tempo.
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