L’Avvocato dell’Atomo: «Se si partisse oggi, nucleare in Italia nel 2040»

Il nucleare sta tornando in Italia, almeno sul piano delle possibilità. Le varie aperture del mondo industriale e soprattutto politico, ultime quelle dei ministri Urso e Fratin, hanno infatti fatto breccia in un muro d’opinione che pareva indistruttibile, forte anche degli esiti referendari del 1987 e del 2011.
«Stiamo superando la diffidenza delle persone verso questa tecnologia» assicura Luca Romano meglio conosciuto come «L’Avvocato dell’Atomo», sebbene con questo nome si identifichi anche il progetto portato avanti da alcuni ricercatori che, in modo volontario e sfruttando molto anche i social, hanno deciso di affrontare la disinformazione «convinti che una transizione energetica non possa avvenire senza una stretta collaborazione tra nucleare ed energie rinnovabili».
E per il fisico e divulgatore scientifico qualcosa si sta davvero muovendo: «Secondo recenti sondaggi gli italiani sono al 50% possibilisti, con il 30% che si dice contrario e il 20% indeciso - afferma -. Ciò ci dice che le paure si possono vincere».

Qual è lo stato dell’arte della tecnologia nucleare?
«Le centrali attualmente sul mercato (che sfruttano la reazione di fissione dove nuclei pesanti, come l’uranio, se bombardati con neutroni si dividono in due frammenti creando elevata energia cinetica ndr) sono tendenzialmente di taglia grande e appartengono a quella che viene chiamata terza generazione avanzata. Qui lo sviluppo tecnologico si sta sviluppando in due direzioni, miniaturizzando l’esistente, al fine di creare piccoli reattori capaci comunque di produrre centinaia di MW, e spingendo sulla costruzione modulare degli impianti».
E la quarta generazione di cui si sente parlare?
«Si intende una tecnologia che attualmente non è ancora pienamente commerciale ma che soprattutto punta a fare cose diverse rispetto alla terza generazione avanzata. Quest’ultima è studiata per ottimizzare la produzione di elettricità, la quarta è invece pensata per realizzare altro come creazione di calore, da immettere per esempio direttamente nelle industrie, propulsione navale o riciclo del combustibile dei reattori della precedente generazione. Esistono sei filiere di ricerca diverse, alcune già commerciali altre più indietro (sono i reattori raffreddati a sodio, a piombo, a sali fusi, ad acqua supercritica, reattori a gas ad alta temperatura e veloci raffreddati a gas ndr)».
E la quinta generazione?
«Attualmente questi reattori sono solo un disegnino su un foglio di carta».
Se domani in Italia si ricominciasse a investire nel nucleare, cosa bisognerebbe fare? Quanto tempo ci vorrebbe?
«In primis bisognerebbe definire una legge che stabilisca la produzione in Italia e le conseguenti regole. Dovrebbe poi seguire il potenziamento delI’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin). Se oggi si partisse perciò con questa parte burocratica, avendo già trovato anche i siti idonei, i lavori per la realizzazione di reattori di terza generazione avanzata potrebbero iniziare nel 2030. E tenendo conto di tempi di costruzione tra i 7 e i 10 anni, entro il 2040 potremmo godere dell’energia nucleare».
E i costi?
«Dipende tutto se a investire è il pubblico o il privato, con il primo che può tenere i prezzi più bassi. Gli esempi di spesa più recenti che posso portare sono quello degli Emirati Arabi, dove un singolo reattore da 1.400 MW di potenza è costato dai 5 ai 6 miliardi di euro, e dell’Inghilterra, fino a 15 miliardi per una sola unità».
Di quanto nucleare avrebbe bisogno l’Italia?
«Penso che nel mix energetico nazionale dovrebbe pesare tra il 30 e il 40%. Parlo di mix perché il nucleare si deve affiancare ad altre fonti energetiche pulite. Parliamo di circa 35 GW di reattori nucleari. Ciò si dovrebbe ottenere attraverso diverse tecnologie: la parte principale dei reattori sarebbe di terza generazione avanzata di grande dimensione, integrati da quelli di quarta pensati per riciclare il combustibile esausto».
Si apre qui la questione scorie.
«Queste vanno stoccate in siti specifici e le modalità di trattamento sono diverse. Se si usa la quarta generazione si riprocessa lo scarto, separando i prodotti di fissione, vetrificandoli e stoccandoli a basse profondità in cask resistenti a esplosioni, incendi, terremoti e altri fenomeni. Se invece non avviene il riprocessamento è necessario un deposito di profondità, per non far entrare i rifiuti in contatto con l’Uomo e con l’ambiente. Un deposito di questo tipo esiste in Finlandia, altri sono in costruzione in Svezia e in Svizzera, ma bisogna riaprire il dibattito anche nel nostro Paese. Noto però ancora molta confusione nelle parole dei nostri politici».
Infine parliamo della fusione, la reazione nucleare che avviene nelle stelle? È realizzabile?
«Sì anche se i risultati non si vedranno prima di 50 anni. Siamo lontani dal costruire un reattore che funzioni, figuriamoci dalla commercializzazione. Detto questo sono sicuro che arriverà ma, quando questo accadrà, non andrà a sostituire le altre tecnologie energetiche. Si guardi quanto sta accadendo adesso: per affrontare il cambiamento climatico dobbiamo eliminare i combustibili fossili e ciò avviene utilizzando un mix di tecnologie».
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