Garda

Visoni abbattuti a Calvagese, la Lav denuncia i ritardi del governo

Il ministero dell'Agricoltura avrebbe dovuto disciplinare le modalità di cessione degli esemplari rimasti, ma ancora non è stato fatto
Nell'allevamento ci sono 1.600 visoni
Nell'allevamento ci sono 1.600 visoni
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Sul caso dell’abbattimento dei 1.600 visoni nell’allevamento di Calvagese della Riviera per un caso Covid-19 tra gli animali interviene anche la Lav: «È evidente come continuare a tenere migliaia di visoni stabulati in sistemi intensivi costituisca un grave rischio per la salute non solo dei visoni stessi, ma anche per l’uomo, dato che questi allevamenti sono possibili serbatoi del coronavirus» scrive l’associazione.

La Lav però denuncia i ritardi del governo rispetto al divieto di allevamento di animali da pelliccia, entrato in vigore il primo gennaio 2022 su spinta della stessa associazione: per legge, il ministro dell’Agricoltura (all’epoca Stefano Patuanelli, oggi Francesco Lollobrigida) avrebbe infatti dovuto disciplinare entro il 31 gennaio 2022 le modalità di indennizzo degli allevatori e anche le modalità della eventuale cessione dei visoni rimasti in questi allevamenti a strutture e centri di ricovero per animali selvatici. Ma indicazioni non sono mai arrivate. «Il silenzio e l’inattività di chi dovrebbe tutelare la salute pubblica – umana e animale, come abbiamo visto, intrinsecamente correlate – hanno fatto il resto. Adesso questi visoni saranno uccisi per eliminare il focolaio» condanna Lav.

Secondo un censimento condotto dall’associazione e pubblicato venerdì scorso, dal marzo 2022 al marzo 2023 sono morti 560 visoni e dei 5.739 visoni presenti a marzo 2022 oggi ne sono rimasti 3.352 in 4 strutture tra Lombardia, Emilia Romagna, Abruzzo. A questi vanno sottratti ulteriormente i 1.600 esemplari abbattuti oggi nel Bresciano. «Quanto ancora devono soffrire questi animali? - scriveva l'associazione venerdì sul sito -. Il Ministro Lollobrigida deve definire con urgenza le modalità di cessione e accasamento dei visoni rimasti ingiustamente imprigionati negli allevamenti in dismissione».

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