Garda

Luccio alla portesina: la ricetta De.co solleva non poche critiche

A San Felice non tutti la considerano autentica. Il sindaco: «Ci siamo affidati alle nonne»
Il piatto tipico di Portese ha appena ottenuto la De.co © www.giornaledibrescia.it
Il piatto tipico di Portese ha appena ottenuto la De.co © www.giornaledibrescia.it
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La ricetta migliore è sempre quella della nonna. E certo non di una nonna qualunque, ma della propria. Ecco dunque che a San Felice, o meglio a Portese, dopo l’attribuzione al luccio alla portesina del marchio che ne attesta la Denominazione comunale di origine (De.co), si apre il dibattito: quella stabilita dal disciplinare per tanti non sarebbe la «vera» ricetta del «Luccio alla portesina». E poco conta che il Comune per redigerlo, il disciplinare, si sia affidato non solo a una commissione di esperti (tra i quali il noto chef Carlo Bresciani), ma anche alla memoria storica delle nonne di Portese: quella messa nero su bianco non rispetterebbe i «veri» canoni della tradizione, non trasmetterebbe quei ricordi, di gusto ed emozioni, che invece trasmette il «vero», ancora, luccio alla portesina che da sempre la nonna di questo o quell’altro ha preparato.

La ricetta e l’attribuzione del marchio De.co al piatto tipico di Portese è stata presentata formalmente da pochi giorni. Stabiliti gli ingredienti, controfirmati pure i passaggi della preparazione. A partire dal luccio, che dev’essere di almeno due chilogrammi e rigorosamente pescato nel Garda, passando per il limone, l’olio e i capperi, tutti di produzione gardesana pure questi, fino alle «aole»: ammesse quelle dei laghi lombardi, ma in alternativa vanno bene pure le sarde (gardesane) oppure, in ultima istanza però, filetti di acciughe sottosale. E già qui cominciano i problemi, perché le aole sono sparite e senza quelle, secondo tanti, non è davvero luccio alla portesina.

Il nodo «preparazione» però è più stringente: il fatto di dover lasciar bollire il luccio, pulito e sviscerato, per molti rappresenta un vero inedito. Fatto sta che l’Amministrazione è certa di aver fatto un ottimo lavoro di ricerca: «Ci siamo affidati anche alla memoria delle nonne - spiega il sindaco, Simone Zuin -, tra le quali una che ci ha regalato la ricetta della sua trisavola. Poi certo, ogni famiglia ha la sua versione». E un’unica ricetta, che possa accontentare tutti, difficilmente si troverà. AS

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