Garda

I pescatori: «Senza coregone non sarà più il lago di Garda»

Sul Benaco sono pronti a protestare contro la scelta del ministero di proibire la semina del pesce tipico
Da sinistra Ferretti, Bocchio, Sora e Cavallaro: pescatori pronti a protestare per il coregone - Foto © www.giornaledibrescia.it
Da sinistra Ferretti, Bocchio, Sora e Cavallaro: pescatori pronti a protestare per il coregone - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Il piatto tipico del lago di Garda in dieci anni potrebbe confezionarsi con coregoni provenienti da chissà dove. E il prelibato pesce potrà dirsi se non già estinto, quasi. I pescatori del Benaco sono pronti a mettere in atto «azioni clamorose», ma per ora confidano nel «buon senso, perché - dicono - non si può non essere dalla nostra parte».

Succede che il Ministero della Transizione ecologica ha autorizzato la semina di avannotti di coregone sul lago di Como e sul Sebino, ma «inspiegabilmente non sul Garda - sottolinea Oliviero Sora, incaricato della Fai Cisl provinciale -. Siamo contenti per loro, ma se questa specie non è autoctona qui, non lo è nemmeno lì. Secondo il ministero il coregone sarebbe in lotta con il carpione, ma le ricerche finanziate a suo tempo della Provincia dimostrano che non vi sia concorrenza tra le due specie. Non risulta, poi, che il ministero abbia chiesto ulteriori ricerche alla Regione».

Il 70% del pescato dei 34 pescatori professionisti attivi in sponda bresciana è coregone. I nonni degli attuali pescatori «arrivavano a 15-20 chilogrammi al giorno - evidenzia Ettore Ferretti del Gruppo Pescatori del Benaco -, con la possibilità data dalla fecondazione artificiale nell’incubatoio di Desenzano (la sua inaugurazione risale al 2000) si è arrivati anche a 100 chili. Ieri mattina, 10 chili». Non è solo una questione economica, ma anche ambientale: «La natura ormai va sostenuta - sottolinea lo storico pescatore di Desenzano Marco Cavallaro -. È come pensare di raccogliere con la mietitrebbia, nella Bassa, quel che cresce spontaneamente».

L’incubatoio di Desenzano è chiuso da due anni, secondo i pescatori dovrebbe essere riaperto subito, per cominciare a seminare in gennaio: «È questa la pesca sostenibile: pescare quel che si è seminato. Se non lo facciamo - sottolinea un altro pescatore, Simone Bocchio di Manerba - la pesca sul Garda può dirsi finita perché solo con persici e sardine non si vive». I pescatori sono pronti a riunirsi, hanno scritto al ministero (senza ottenere risposta) per chiedere una deroga così come concessa a Como e Sebino, auspicherebbero un maggior coinvolgimento della Comunità del Garda: «Dovrebbe fare gli interessi del nostro lago, dei suoi prodotti e della la sua ristorazione. Dovrebbe fare pressione». 

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