Garda

Giusy: protesi in carbonio e voglia di vivere

L’incidente in auto nel 2005, il dolore, la pazienza e il nuovo inizio con lo sport
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La tragedia, il dolore, la speranza, la nuova vita. Ha attraversato tutte questa fasi negli ultimi anni Giusy Versace, la «Pistorius» italiana (il paragone, logicamente, vale soltanto per lo sport, e non per le vicende giudiziarie).

La trentaseienne di Reggio Calabria - dopo aver perso gli arti inferiori in seguito a un drammatico incidente stradale - è infatti diventata la prima atleta dello Stivale ad aver collezionato medaglie e record italiani ed europei correndo i 100 e 200 metri con l’ausilio di due gambe artificiali, proprio come quelle dell’atleta australiano.

Giusy, dopo l’incidente, ha trasformato lo sport in una sfida in positivo, aggiungendo alla sua vita un ulteriore traguardo da tagliare.

L’atleta ha raccontato la sua storia ieri mattina ai bambini della scuola paritaria Angela Merici, che l’avevano invitata nell’ambito del ciclo di incontri intitolato «Rigare dritto».

E quello di ieri è stato davvero un «contatto» emozionante, che i bambini hanno vissuto intensamente e con semplicità, rivolgendo domande a Giusy Versace (non si sbaglia se la si accosta alla famosa famiglia della moda, visto che è la figlia di Alfredo, cugino di Donatella e Santo Versace).

Jeans, camiciola gialla e pullover blu, Giusy ha presentato la sua autobiografia «Con la testa e con il cuore si va ovunque» (Edizioni Mondadori).

Ha raccontato innanzitutto com’è cambiata la sua esistenza quel 22 agosto del 2005. «Ero una donna in carriera, viaggiavo continuamente occupandomi di aprire nuovi negozi d’abbigliamento. Quel giorno in Calabria faceva caldissimo, si scatenò un tremendo acquazzone, l’auto sbandò, finì contro il guard rail che entrò come un coltello nell’abitacolo e mi tagliò entrambe le gambe. Il dolore fu fortissimo, pensai di morire. Ho pregato la Madonna di aiutarmi, la mia voglia di vivere ha vinto. Poi - ricorda ancora - arrivarono il periodo del dolore e quello della ripresa. Mi dicevano che avrei camminato di nuovo, ma non ci credevo. Pensavo che non ci sarei riuscita».

Il percorso è stato lungo e pieno di avversità. «La prima prova - racconta Giusy - mi ha provocato un dolore fortissimo. Ho capito che col dolore devi convivere. Oggi, a distanza di 8 anni, ho tre paia di gambe: per camminare, per andare al mare e quelle in carbonio per correre. Mi hanno aiutato in modo determinante i miei genitori, mia madre, gli amici. Nel 2007 ho cominciato a correre, nel 2010 ho iniziato a farlo con le portesi in carbonio. Volevo farlo anche se tutti mi dicevano di lasciar stare. Ho corso, sono caduta molte volte, mi sono sempre rialzata. Ce l’ho fatta».

Giusy Versace è stata la prima atleta donna con amputazione bilaterale alle gambe a gareggiare in un campionato nazionale di atletica leggera. Ha partecipato alle Paralimpiadi di Londra, detiene il record europeo di corsa sui 100 metri, è campionessa italiana dei 100 e 200 piani.

Ai mondiali di Lione di fine luglio si è fermata alle semifinali dei 100 metri. Qualche giorno dopo ha disputato la finale dei 200 metri, classificandosi settima con il tempo di 30 secondi e 57 centesimi.

«Dopo l’incidente sono cambiata- ha chiosato l’atleta, rivolgendosi ai bambini desenzanesi - ma ho la stessa voglia di vivere di prima».

 

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