Un monopattino tra i piedi

Le mode e il senso della misura
Un monopattino elettrico
Un monopattino elettrico
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Ci sono oggetti che mi stanno antipatici. Il borsello, ovviamente, è in cima alla lista; e lo è in tutte le sue orrende evoluzioni e varianti, tipo l’agghiacciante marsupio portato in spiaggia con il costume. L’estrattore di succo mi fa venire l’orticaria solo a sentirlo nominare, compreso lo slogan di chi lo ha appena pagato centinaia di euro: è caro ma è tutta salute. Una volta bastava una mela al giorno, ora servono tre chili di frutta e verdura (più lo zenzero, altrimenti non sei nessuno) per bere un bicchiere di intruglio. Ma è tutta salute.

E se i pinocchietti sono usciti di classifica per autologoramento (ormai vengono portati da una sparuta minoranza di antiesteti con grande coraggio), a guadagnare posizioni su posizioni è il monopattino elettrico. Ecco alcune delle giustificazioni non richieste di un mio coetaneo (un non più giovane che non si rassegna ad archiviare gli anni Ottanta) che lo ha appena acquistato: vado ovunque in un attimo, lo piego e lo metto sotto la scrivania, mi regala un grande senso di libertà. Quest’ultima è la mia preferita.

Una sera ero con il mio amico Aldo a prendere il fresco su una panchina in centro al paese. Io inopportunamente con maglietta, bermudino e infradito, lui opportunamente (ha ampiamente superato i 70) con pantalone in fresco lana grigio fumo di Londra, canottiera a costine, ciabattone in pelle senza calze. Stavamo osservando il mondo quando passa baldanzoso Gianni (i 40 archiviati da tempo) sul monopattino. Io e Aldo ci siamo guardati senza parlare, per farci passare l’amarezza siamo andati a bere una spuma.

 

 

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