Ungheria e Polonia non sono più alleate: il podcast «La Tribuna»

Un tempo erano Paesi fratelli e componevano la spina dorsale del G4, ora si sono allontanate: un solco molto profondo è stato scavato prima dalla guerra in Ucraina e poi dalle elezioni dello scorso ottobre
Il primo ministro dell'Ungheria Viktor Orbán - Foto Epa Szilard Koszticsak © www.giornaledibrescia.it
Il primo ministro dell'Ungheria Viktor Orbán - Foto Epa Szilard Koszticsak © www.giornaledibrescia.it
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In vista delle elezioni europee ecco il nuovo appuntamento quotidiano con «La Tribuna», la rubrica di approfondimento con uno sguardo a ciò che accade fuori dall’Italia nella corsa all’Europarlamento. Grazie a una sperimentazione della redazione del Giornale di Brescia con l’intelligenza artificiale, la rubrica è disponibile ogni giorno anche in formato audio: tutte le puntate del podcast sono disponibili su Spreaker, Spotify e le principali piattaforme di ascolto.

Un tempo erano Paesi fratelli e componevano la spina dorsale del G4, il Gruppo di Visegrad che, con Slovacchia e Repubblica Ceca a partire dal 2015, ha dato filo da torcere alle istituzioni comunitarie. Ora Ungheria e Polonia si sono allontanate, un solco molto profondo è stato scavato prima dalla guerra in Ucraina e poi dalle elezioni dello scorso ottobre in cui la coalizione civica guidata da Donald Tusk ha battuto i sovranisti di Diritto e Giustizia, che erano al governo con Morawiecki.

La prima decisione del nuovo governo polacco è stata quella di modificare l’impianto della giustizia che prevedeva un organo di nomina governativa per il controllo dell’operato dei giudici, mettendone a rischio l’indipendenza. Questo aveva portato, nel dicembre 2017, all’apertura di una procedura contro la Polonia secondo l’articolo 7 dei trattati. Ieri al Consiglio Affari Generali i ministri europei si sono espressi sulla proposta della Commissione europea di chiudere la procedura contro Varsavia vista la riforma portata avanti. I ministri per gli Affari europei di 26 Stati hanno votato a favore con l’eccezione dell’Ungheria che ha chiesto ulteriori chiarimenti sulla decisione. Sono ormai lontani i tempi in cui Varsavia e Budapest quasi si emulavano nell’introdurre misure contrarie allo stato di diritto, portandosi al traino anche Bratislava e Praga.

In questi dieci anni a più riprese si è parlato non semplicemente di democrazie illiberali sull’onda delle posizioni sostenute da Orban ma anche di costituzionalismo populista. Un’idea per cui le costituzioni dei Paesi di Visegrad sono state modificate e sottoposte a torsioni che andavano a colpire quell’idea di stato di diritto alla base stessa della costruzione europea. Ma se l’Europa non poteva fare a meno della Polonia (lo Stato membro più popoloso fuori dell’Eurozona), né tanto meno dell’Ungheria per la sua posizione di cerniera con l’est Europa fuori dall’Unione, allora nemmeno i due Paesi hanno mai potuto immaginare di uscire dall’Ue semmai ne hanno sfruttato i finanziamenti.

La guerra in Ucraina e le posizioni filorusse di Orban hanno spezzato il rapporto speciale con la Polonia e ora con l’arrivo di Tusk a Varsavia la distanza è siderale.

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