Economia

Sostenibilità, l'intonaco «mangia smog» bresciano è da Oscar

Il materiale innovativo sviluppato all'Università degli studi di Brescia è finalista all'Energy Globe Award
Il team dell'Università degli Studi di Brescia ora finalista - Foto di © www.giornaledibrescia.it
Il team dell'Università degli Studi di Brescia ora finalista - Foto di © www.giornaledibrescia.it
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L’ispirazione è arrivata dal mondo della natura, e in particolare dalle foglie. Perché proprio come le foglie è in grado di catturare le polveri fini e di ripulirsi con la pioggia. Stiamo parlando dello speciale intonaco sviluppato dal laboratorio di Chimica per la tecnologia dell’Università Statale di Brescia: un materiale così innovativo da arrivare alle fasi finali del prestigioso Energy Globe Award, una sorta di «Oscar» della sostenibilità.

Al prestigioso premio internazionale, la cui giuria è guidata da Maneka Gandhi (membro della famiglia di Indira Gandhi), hanno partecipato ben 2.500 progetti provenienti da 180 Paesi dei cinque continenti. Quello «made in Brescia», che aveva trionfato in ambito nazionale, si è piazzato ai piani alti, anzi altissimi: è arrivato tra i primi quattro della categoria «Aria». «Approdare alla finale - sottolinea la coordinatrice Elza Bontempi, ricercatrice inserita nella Top Italian Scientists list per l’area della chimica ambientale - è stato un successo incredibile per Brescia, per la nostra Università e per il nostro laboratorio». Un laboratorio che negli ultimi anni si è concentrato sempre di più sulla sostenibilità e sulla ricerca in campo ambientale e tecnologico, in linea con il Piano di sviluppo dell’ateneo.

Il materiale anti smog sviluppato da Bontempi insieme al suo team ha in verità già vinto numerosi premi, il più importante del quale è il «Gaetano Marzotto». Questo riconoscimento ha aperto la possibilità di collaborare con Italcementi, azienda leader nel settore dei materiali per le costruzioni. Proprio grazie a questa sinergia è stata migliorata la colorazione dell’intonaco (è stato schiarito). Non solo: «Ci sono stati dati anche consigli sulle tecnologie per sviluppare i pori per catturare il materiale particolato». Questi pori, prosegue Bontempi, «sono fatti a collo di bottiglia: sono stretti all’imbocco e poi si allargano. Quando le particelle fini vi entrano rimangono, per così dire, intrappolate. La pioggia però riesce a ripulire l’intonaco, che si rigenera quindi in maniera naturale». Il materiale è in grado di assorbire anche particolato molto fine, quello più pericoloso per la salute: non solo il Pm10 ma addirittura il Pm1.

L’intonaco è costituito da un sottoprodotto industriale (per esempio fumo di silice o ceneri di caldaia) e alginato, un prodotto derivato dalle alghe. Si tratta di materiale di scarto che viene promosso nell’ambito dell’economia circolare. «Può essere utilizzato sugli edifici sia civili sia industriali - rimarca la ricercatrice -. E applicato esternamente ha la possibilità di ripulirsi, di rigenerarsi. Anche se non è da escludere un’applicazione anche indoor». Naturalmente i benefici contro l’inquinamento atmosferico potrebbero essere davvero significativi se il materiale venisse utilizzato su larga scala. Le nostre città potrebbero così trasformarsi in «foreste urbane», per riprendere il paragone con le foglie. Solo che rispetto alle foglie lo speciale intonaco «ha una più alta capacità di intrappolare particolato, grazie anche al maggior spessore (qualche millimetro). E naturalmente può essere applicato anche là dove le foglie stesse non ci possono essere».

 

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