CANTIERE APERTO
Si lavora alle regole per lo smart working dopo l'emergenza Covid

Lo smart working non è immediato da applicare senza il supporto delle aziende
Si apre il cantiere sullo smart work post emergenza. I primi tavoli tecnici si sono riuniti al ministero della Pubblica amministrazione per definire l'organizzazione del lavoro agile, a partire dal diritto alla disconnessione. Lo anticipa la ministra Fabiana Dadone alla conferenza organizzata dal Movimento Cinque stelle al Senato «Smartworking dall'emergenza all'opportunità», dove tre ministri pentastellati fanno il punto sulle prospettive del lavoro agile insieme a parlamentari e studiosi.
Per Dadone è «un'opportunità grande» che riguarda, fino a fine anno, il 50% dei dipendenti pubblici e il 60% dall'anno prossimo con il Piano organizzativo per il lavoro agile. Già prima dell'emergenza sanitaria, la ministra aveva indicato nello smart work uno strumento di innovazione per la Pubblica amministrazione, ma immaginando una quota di dipendenti coinvolti del 20%, poi è arrivato il Covid.
Invece, ribadisce anche il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, lo smart working «non è solo lavorare da remoto ma è un nuovo modo di affrontare il quotidiano» e semplificare la vita e i rapporti. «Questo momento - dichiara il ministro - non va assolutamente sprecato».
Al governo arriva l'incoraggiamento di uno dei sociologi più vicini al Movimento, Domenico De Masi. «Non basta cambiare il luogo perché il lavoro diventi intelligente, ci vuole un cambiamento radicale dell'organizzazione della vita», spiega De Masi dicendo ai ministri: «Se voi portate a termine questa cosa, passate alla storia. Si tratta di un cuneo dentro il modello tayloristico che va cambiato».
Secondo il sociologo, «è solo questione di tempo»: con il lockdown si è passati da da 570mila lavoratori in pochi giorni a 6-8 milioni, «il 70% è contento di averlo fatto - dice De Masi - e le azienda hanno detto che c'è stato un aumento di produttività».
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