Economia

Si lavora alle regole per lo smart working dopo l'emergenza Covid

Secondo la ministra Dadone, il lavoro agile interesserà il 50% dei dipendenti pubblici fino a fine anno e il 60% dall'anno prossimo
Lo smart working non è immediato da applicare senza il supporto delle aziende
Lo smart working non è immediato da applicare senza il supporto delle aziende
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Si apre il cantiere sullo smart work post emergenza. I primi tavoli tecnici si sono riuniti al ministero della Pubblica amministrazione per definire l'organizzazione del lavoro agile, a partire dal diritto alla disconnessione. Lo anticipa la ministra Fabiana Dadone alla conferenza organizzata dal Movimento Cinque stelle al Senato «Smartworking dall'emergenza all'opportunità», dove tre ministri pentastellati fanno il punto sulle prospettive del lavoro agile insieme a parlamentari e studiosi.

Per Dadone è «un'opportunità grande» che riguarda, fino a fine anno, il 50% dei dipendenti pubblici e il 60% dall'anno prossimo con il Piano organizzativo per il lavoro agile. Già prima dell'emergenza sanitaria, la ministra aveva indicato nello smart work uno strumento di innovazione per la Pubblica amministrazione, ma immaginando una quota di dipendenti coinvolti del 20%, poi è arrivato il Covid.

Sul lavoro da remoto, il lockdown «ha portato a quello shock culturale che non avevamo avuto il coraggio o la voglia di fare», sottolinea dal palco la collega di governo ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, osservando che «un'evoluzione del mercato del lavoro è già in atto». Lo smart work va agevolato, per Catalfo, con «un intervento equilibrato che influisca positivamente sulla vita dei lavoratori, sul green e sulla vita economica nel paese» anche perché finora più che lavoro agile è stato solo lavoro da casa, «tradotto come home working», con diverse problematiche, dal carico di lavoro delle donne, alle competenze, al diritto alla disconnessione.

Invece, ribadisce anche il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, lo smart working «non è solo lavorare da remoto ma è un nuovo modo di affrontare il quotidiano» e semplificare la vita e i rapporti. «Questo momento - dichiara il ministro - non va assolutamente sprecato».

Al governo arriva l'incoraggiamento di uno dei sociologi più vicini al Movimento, Domenico De Masi. «Non basta cambiare il luogo perché il lavoro diventi intelligente, ci vuole un cambiamento radicale dell'organizzazione della vita», spiega De Masi dicendo ai ministri: «Se voi portate a termine questa cosa, passate alla storia. Si tratta di un cuneo dentro il modello tayloristico che va cambiato».

Secondo il sociologo, «è solo questione di tempo»: con il lockdown si è passati da da 570mila lavoratori in pochi giorni a 6-8 milioni, «il 70% è contento di averlo fatto - dice De Masi - e le azienda hanno detto che c'è stato un aumento di produttività».  

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