Economia

Sblocco licenziamenti, «a Brescia 30mila posti a rischio»

Cgil, Cisl e Uil contrari: «Prima serve la riforma degli ammortizzatori». Nodi turismo e commercio
Industria manifatturiera bresciana - © www.giornaledibrescia.it
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Lo sblocco dei licenziamenti potrebbe costare caro a Brescia. Sommando anche i lavoratori del turismo, dell’alberghiero e dello spettacolo, «blindati» fino a fine ottobre, a rischio potrebbero esserci 30mila posti di lavoro. Numeri che i sindacati bresciani snocciolano con difficoltà. Più che i dati, molto incerti, Cgil, Cisl e Uil sono infatti concentrati sull’aspetto «politico». Il ragionamento è semplice: il blocco dei licenziamenti non può essere prorogato in eterno. Ma prima della sua sospensione va fatta una riforma degli ammortizzatori sociali in grado di tutelare tutti i lavoratori, vanno costruite politiche attive del lavoro e va consolidata una ripartenza ancora troppo flebile. Senza queste condizioni, si rischia di dare un «messaggio sbagliato al Paese».

Il blocco dei licenziamenti resta fissato al 30 giugno, senza proroga al 28 agosto, come ipotizzato nelle prime versioni del decreto Sostegni bis. Viene però confermata la possibilità per le imprese di utilizzare la cassa integrazione ordinaria, dal 1° luglio, senza dover pagare le addizionali fino alla fine del 2021 con l’impegno a non licenziare per tutto il periodo in cui ne usufruiscono.

Diversamente da ora, quindi, dopo il 1° luglio non ci sarebbe più il divieto di licenziamento, perché un’azienda che non voglia chiedere la cig è libera di licenziare; ma resterebbe un forte incentivo a non farlo, perché il ricorso alla cig è gratuito per l’azienda. Tutto questo vale per industria e edilizia, mentre per i servizi il divieto di licenziamento (per tutte le aziende, sia che usino la cig sia che non la usino) vale fino a fine ottobre, con cassa integrazione gratuita fino a fine anno.

I tre segretari provinciali di Cisl, Pluda, Uil, Bailo e Cgil, Bertoli - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
I tre segretari provinciali di Cisl, Pluda, Uil, Bailo e Cgil, Bertoli - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it

Il meccanismo, però, non lascia tranquilli i sindacati bresciani. «La situazione è ancora critica anche in molti settori dell’industria - spiega Mario Bailo, segretario della Uil di Brescia -. Abbiamo forti preoccupazioni per l’evolversi della situazione: non abbiamo ancora una riforma degli ammortizzatori sociali e non siamo ancora usciti dalla pandemia. Avevamo chiesto al Governo di fare queste due operazioni prima di sbloccare i licenziamenti. Fatta ora, appare una scelta assurda». La situazione, nel Bresciano, non sembra mostrare forti criticità. «Nei tavoli nei quali abbiamo discusso di questi temi - precisa Bailo - ci sono sempre state date rassicurazioni. Ma nei mesi scorsi, in piena pandemia, la stima oscillava tra 30mila e 40mila posti di lavoro a rischio».

Ora però la manifattura mostra segnali incoraggianti, la campagna vaccinale sta marciando a ritmi sostenuti e la stagione turistica pare virare sull’ottimismo. «Ma non siamo ancora fuori dalla crisi - avverte Bailo -. Ci sono ancora troppe incognite: le grosse imprese sembrano reggere, ma la filiera della Pmi è in difficoltà. Ci sono interi settori che non hanno ancora ripreso. Non sarà dal 1° luglio, ma a fine ottobre vedremo quel che accadrà nel mondo del turismo, un comparto che vale il 20% del Pil nazionale».

Nell’immediato, precisa Francesco Bertoli, leader della Cgil di Brescia, le situazioni di crisi nell’industria non paiono numerose. «Un tributo di posti di lavoro è già stato pagato - ricorda - sia con i contratti di somministrazione che con i contratti a termine». A livello nazionale, l’Istat ha fotografato la perdita di 900mila posti di lavoro. «La botta è già arrivata. Le situazioni critiche attuali - continua Bertoli - sono quelle delle industrie già in crisi prima della pandemia. Il resto della manifattura, che a Brescia ha un peso specifico importante, pare aver ripreso e qui non ci aspettiamo licenziamenti».

Il segretario della Cgil ricorda poi gli accordi territoriali e le risorse del Recovery Fund. Insomma, «il quadro va visto nel suo insieme» ma la mancata proroga del blocco «è un brutto segnale per il Paese: bisognava aspettare la fine della campagna vaccinale e il consolidarsi della ripartenza». 

Perplesso dalla mossa del Governo anche Alberto Pluda, segretario della Cisl di Brescia. «La preoccupazione - spiega - è rivolta verso quelle realtà in difficoltà da tempo, a cui il Covid ha dato la spallata finale. Temiamo per la tenuta del tessuto sociale». Più che le grandi industrie, sotto la lente sono le piccole e medie attività, l’artigianato, ma anche il tessile, il mondo dell’abbigliamento, l’industria cotoniera. «Se poi allarghiamo la questione a turismo, ristorazione e al mondo dello spettacolo, la questione si complica - spiega Pluda -. Il blocco dei licenziamenti serviva proprio per avere il tempo di costruire una rete di protezione sociale che non lasciasse fuori nessuno. Serve una riforma degli ammortizzatori, servono strumenti nuovi, sgravi sul reinserimento, politiche attive, contratti di solidarietà espansivi». Un percorso da «fare insieme», Governo, imprese, sindacati ma ancora in alto mare. «Il sentore che abbiamo sul territorio - chiosa Pluda - è di una diffusa preoccupazione. Tutti speriamo in una rapida ripartenza. Il Recovery potrà dare una mano. Ma non siamo ancora fuori dalla crisi. Far scattare i licenziamenti potrebbe rendere la situazione esplosiva».

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