Saccheria Franceschetti, entro fine anno un’acquisizione in Europa

Il perimetro dell’«azienda target» è stato affidato alla società di consulenza Nash Advisory.
La strategia dei cugini Luigi Wilmo e Luisa Franceschetti è chiara e coerente: avviare le operazioni di acquisizione entro fine anno per crescere a livello europeo e raggiungere l’obiettivo di diventare una piccola «Amazon della rafia industriale», ovvero materiale/tessuto in polipropilene, resistente e flessibile, che viene utilizzato per la realizzazione dei big bags, i grandi sacchi capaci di contenere materiale con portate fino a 1.500-2.000 kg e utilizzate nei settori più vari, dall’alimentare, alla meccanica, dalla siderurgia fino all’edilizia.
Strategia M&A
Il target è stato definito con approccio quasi «scientifico»: la quotata Saccheria F.lli Franceschetti cerca una realtà che produce e commercializza big bags; sana e soprattutto tecnologicamente compatibile alla quale trasferire la struttura organizzativa It; collocata in un Paese europeo (Spagna, in Francia o in Germania); con fatturato compreso tra i 5 ed i 10 milioni di euro, ma pronti a valutare una realtà con turnover anche vicino ai 20 milioni di euro.
I consulenti hanno già steso una prima lista dei possibili target. «Il mercato dei big bags in Italia cuba circa 90 milioni di euro – spiegano Luigi e Laura Franceschetti -. In Italia sono presenti tre competitor, si tratta di aziende familiari, poco inclini per cultura alla cessione delle quote. Abbiamo così deciso di spostare il radar all’estero, concentrandoci su Francia, Spagna e Germania. Per noi questi sono mercati strategici».
Il matrimonio è atteso entro l’anno o nei primi mesi del 2025 e l’operazione potrebbe avvenire attraverso l’utilizzo della buona liquidità generata dal cash flow aziendale, tramite scambio di azioni o aumento di capitale.
La storia del gruppo
A fondare la Saccheria era stato nonno Luigi che nel 1939 aveva avviato la produzione di sacchi di juta. Oggi materia prima è la rafia e la società è specializzata in big bags, per la quale mantiene una produzione industriale interna per prodotto customizzati. Solo una piccola parte del fatturato arriva da produzioni interne «Il mercato è dominato dai produttori indiani o turchi. Con loro è impossibile competere sul prezzo - spiega Luisa Franceschetti -. Ma la flessibilità ci distingue dai concorrenti e ci consente di creare valore aggiunto per i nostri clienti attraverso prodotti customizzati e su misura».
La qualità è priorità assoluta e la tecnologia si inserisce in questo percorso. «Abbiamo capito che il processo di innovazione si poteva fare solo sul processo, non sul prodotto che è semplice e artigianale e tale resta - spiega Luigi Franceschetti -. Oggi Saccheria è una "B2B company". Abbiamo automatizzato tutto ciò che era possibile nel processo per poter fare sviluppare il pensiero delle persone che lavorano con noi e impiegarle il meno possibile nelle mansioni meccaniche ripetitive». In questo senso Saccheria Franceschetti è stata tra le prime nel suo settore, nel 2017, ad adottare soluzioni tecnologiche basate sull’intelligenza artificiale integrando diversi strumenti di Ai Google sia per il back office che per il magazzino, portando una maggiore efficienza, minori spese e una crescita del fatturato.
Tecnologia
Nel sito di Provaglio d’Iseo, non ci sono stampanti, non si utilizza carta: solo tablet e computer. La società è pioniera di industry 4.0 e della transizione green.
«Abbiamo implementato un sistema di gestione del magazzino totalmente incentrato su Google Cloud Platform e su API Google - spiega Luigi Franceschetti -. I sacchi vengono movimentati, catalogati e resi disponibili tramite ordini di priorità. Tutto viene gestito tramite Qr Code e tablet». «Anche i processi del back office sono stati dematerializzati. Solo per fare un esempio, prima la gestione di un ordine richiedeva almeno 10 minuti, ora bastano meno di sessanta secondi. Inoltre, la gestione in cloud prevede altri vantaggi: nessuna necessità di manutenzione, semplicità di utilizzo e costi ridotti grazie all’assenza di server e altre infrastrutture fisiche dentro l’azienda».
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