Economia

Riforma Irpef 2026, quanto potrebbe risparmiare il ceto medio

Nonostante la percezione diffusa di un Paese oppresso dalle tasse, meno di 34 milioni di italiani versano l’Irpef e il 77% del gettito arriva da 11,6 milioni di contribuenti. Sul tavolo del governo la riduzione dell’aliquota al 33% per i redditi tra 28mila e 50mila euro
Al vaglio una riforma dell'Irpef - © www.giornaledibrescia.it
Al vaglio una riforma dell'Irpef - © www.giornaledibrescia.it
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Un Paese «strozzato» dalle tasse. Questa è la descrizione che dell’Italia fornisce di «pancia» la grande maggioranza della popolazione. Eppure, stando al 12esimo Osservatorio sulle entrate fiscali del centro studi Itinerari previdenziali, realizzato insieme alla Confederazione italiana dirigenti e alte professionalità (Cida), nel 2024 - redditi 2023 - su 42.570.078 contribuenti (58.997.201 cittadini residenti) a versare almeno un euro di Irpef (l’imposta sul reddito delle persone fisiche) sono state solo 33.540.428 persone, vale a dire poco più della metà degli italiani.

«Dati che non sembrano riflettere la narrazione di una popolazione oppressa dalle tasse – recita il rapporto –, ancora di più se incrociati con quelli relativi all’effettiva ripartizione del carico fiscale: su 42,6 milioni di dichiaranti, il 76,87% dell’intera Irpef è pagato da circa 11,6 milioni di contribuenti, mentre i restanti 31 ne pagano soltanto il 23,13%».

E c’è di più. «Malgrado il miglioramento di Pil e occupazione – evidenzia Alberto Brambilla, presidente di Itinerari previdenziali –, il 43,15% degli italiani non ha redditi e, di conseguenza, vive a carico di qualcuno. Sono invece 1.184.272 i soggetti (in aumento di oltre 170mila unità sullo scorso anno) che denunciano un reddito nullo o negativo, non pagando quindi né tasse né contributi».

ll totale dei redditi prodotti nel 2023 e dichiarati nel 2024 ammonta 1.028 miliardi, per un gettito Irpef generato - al netto di Tir (Trattamento integrativo) e detrazioni - di 207,15 miliardi (di cui 185,58 miliardi l’89,9% di Irpef ordinaria).

La riforma

In questo quadro si inserisce una delle proposte cardine dell’attuale governo, sostenuta in particolar modo da Forza Italia, cioè quella della riforma dell’Irpef. Obiettivo è agevolare in particolar modo il ceto medio, andando a ridurre l’aliquota per la fascia di reddito compresa tra 28mila e 50mila euro. Il tutto ovviamente dipende dal reperimento dei fondi necessari per coprire l’intervento, che andrebbe ad inserirsi nella legge di Bilancio 2026.

Il punto di partenza è la ridefinizione dei vari scaglioni dell’imposta, ridotti a tre a partire dal 2024.

  • 23% imponibile per redditi fino a 28.000 euro
  • 35% tra i 28.001 e i 50.000
  • 43% sopra i 50.000.

La riforma andrebbe ad agire sul secondo scaglione, con una riduzione preventivata del 2% fino a giungere a un’aliquota del 33%. Secondo la Fondazione nazionale dei commercialisti tale riduzione non porterebbe alcun beneficio a chi ha un reddito esattamente di 28mila euro, trovandosi al limite inferiore dello scaglione. Il vantaggio economico, seppur limitato, sarebbe percepibile già a partire da 29mila euro di reddito, con un risparmio di circa 20 euro all’anno (1,7 euro al mese).

Il beneficio massimo, per chi rientra perfettamente nello scaglione, spetterebbe a chi dichiara 50mila euro, con un taglio di 440 euro all’anno (36,7 euro mensili). A questi si devono aggiungere i contribuenti che dichiarano più di 50mila euro che, in via automatica, riceverebbero anch’essi la stessa riduzione di imposta prevista per chi dichiara 50mila euro di reddito imponibile: 440 euro annuali, ovvero 36,7 euro mensili. La parte eccedente il tetto dei 50mila verrebbe invece tassata con l’aliquota del terzo scaglione, 43%.

A conti fatti tale riforma impatterebbe in termini di mancate entrate per lo Stato per 2,57 miliardi di euro, 1,24 miliardi per i contribuenti con redditi tra 28mila e 50mila euro, 1,33 miliardi per i circa 3 milioni di contribuenti con redditi superiori ai 50mila euro. Per abbassare questa cifra il ministero dell’Economia sta pensando alla soluzione della «sterilizzazione» del beneficio, introducendo una franchigia che andrebbe a vanificare il vantaggio.

La partita però è ancora tutta aperta, sebbene la volontà politica sia ben delineata. Ora, manco a dirlo, serve solo trovare le risorse.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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