Economia

Politiche attive del lavoro, Brescia non spende 10 milioni di euro del Pnrr

La Cisl lancia l’allarme: fondi scadono a dicembre e a fine novembre sono solo 500 i lavoratori riqualificati
Due persone al lavoro - © www.giornaledibrescia.it
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Incapaci di spendere i soldi del Pnrr. Il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta un’opportunità mai vista prima nel nostro Paese, investimenti strategici, rivitalizzazione infrastrutturale del Paese, garanzie di occupabilità per i lavoratori.

Eppure, man mano che passano le settimane ed i mesi, si registra una preoccupante difficoltà di spesa dei fondi: un cortocircuito burocratico che tocca indistintamente tutte le regioni d’Italia dal Nord al Sud del Paese, come pure la Lombardia, motore economico del Paese. È il caso delle risorse messe a disposizione dall’Europa, e distribuite alle regioni per le politiche attive del lavoro, ovvero la rioccupabilità dei lavoratori disoccupati. Entro la fine del 2022 Brescia rischia di perdere oltre 10 milioni di euro del progetto Gol, sigla che sta per Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori. A lanciare il grido d’allarme è il segretario provinciale aggiunto della Cisl bresciana, Paolo Reboni, che da tempo segue da vicino questo dossier.

Le risorse

Con i fondi del Pnrr, il Governo Draghi ha stanziato per il quadriennio 2022-2025 la bellezza di 4,5 miliardi di euro. Somma ripartita a livello regionale in modo proporzionale in base alle dimensioni ed ai bisogni: alla Lombardia sono andati oltre 600 milioni; 140 i milioni da spendere entro il 2022, di questi 15 milioni sono stati destinati alle iniziative per formare e rioccupare lavoratori in provincia di Brescia.

«La Lombardia è stata tra le prime in Italia ad attivare il progetto Gol lo scorso giugno - spiega Paolo Reboni -, identificando 14.000 persone disoccupate da coinvolgere nella nostra provincia. Ma il budget di spesa assegnato di 15 milioni di euro non è stato ancora speso. Siamo molto preoccupati, oltre 10 milioni di euro rischiano di andare persi se non verranno spesi entro l’anno».

Lettera alla Provincia

Il tema è stato sollevato più volte nei mesi scorsi. Con una lettera inviata al consigliere della Provincia, Filippo Ferrari, con delega alla Formazione Lavoro e Attività Produttive, del 7 aprile 2022, la Cisl e 15 Enti - Agenzie accreditati ai servizi alla formazione e lavoro (privati e pubblici) ribadivano la necessità di costituire un tavolo di confronto permanente territoriale: «Collaborare e condividere sono due verbi che, pur essendo più volte richiamati da legge e direttive nazionali e regionali, non sono realmente resi fattivi - spiega Reboni -. Bisogna rafforzare la collaborazione tra pubblico e privato, rafforzare i principi di trasparenza, accessibilità ai servizi alla formazione e lavoro. Creare reti per sviluppare intensi rapporti di collaborazione e condivisione».

I numeri

La Provincia di Brescia deve sviluppare entro il 31 dicembre almeno 3.500 riqualificazioni. In altri termini deve identificare 3.500 disoccupati, inserirli in progetti formativi e riqualificanti per l’inserimento lavorativo. A fine novembre siamo solo a 500: gli obiettivi reinserimenti lavorativi sono lontanissimi. «Il progetto Gol non prevede solo assessment, ma azioni di riqualificazione e inserimento lavorativo, non basta fare carte, è necessario un forte coinvolgimento degli operatori accreditati al lavoro e formazione - spiega Reboni -. Inserire un lavoratore vuol dire avere progetti di avvio delle attività assegnando ad ogni persona una "dote formativa"».

La Cisl bresciana sollecita da mesi un confronto e un’azione coordinata dei Centri per l’impiego con gli enti privati accreditati (86 tra enti e Agenzie per il lavoro accreditati per inserimento lavorativo e 130 Enti formativi, in molti casi doppio accredito). «I dati a fine novembre sono drammaticamente negativi - chiosa con rammarico Reboni -, La giusta logica di collaborazione tra pubblico e privato era procedere insieme e parallelamente: si capiscono i bisogni, si scambiano i dati e si svolgono progressivamente le azioni sulle persone. Ma a Brescia non è successo».

Il nodo privacy

Cosa non è andato per il verso giusto? «Ad esempio le informazioni sui disoccupati erano drammaticamente riservate per una maldestra questione di privacy. È impensabile, aver tenuto nel cassetto 14.700 persone e pensare che in un mese si rovesci su Enti e Agenzie per il lavoro la gestione della riqualificazione e reinserimento lavorativo. Per programmare - conclude il segretario della Cisl Paolo Reboni -, qualsiasi ente deve conoscere la platea di persone che gli verranno affidate, non avere i nomi con il contagoccie, pubblico e privato si devono scambiare elenchi magari stabilendo il doppio criterio della territorialità e delle caratteristiche delle persone valutate con l’assessment.

Non è solo una questione economica, ma una sottovalutazione culturale e sociale. Investire sulla rioccupabilità delle persone vuol dire investire sul lavoro e non sull’assistenza».

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