Economia

Metalmeccanici bresciani sul piede di guerra: straordinari bloccati

Angela Dessì
I sindacati Fim, Fiom, Uilm dicono che «le proposte del rinnovo del contratto sono inaccettabili: decideremo come attuare lo sciopero di otto ore»
Un operaio
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Si preannuncia un autunno caldo per il rinnovo del contratto metalmeccanico. Anche a Brescia che conta nel settore 8mila imprese attive e 108mila addetti.

La rottura

La rottura del tavolo di confronto tra i confederali e Federmeccanica e Assistal riverbera infatti già da queste ore le prime conseguenze sul territorio provinciale, dove sono stati bloccati in tutte le aziende gli straordinari e la flessibilità, mentre a brevissimo partirà il confronto tra le sigle sindacali per programmare la declinazione territoriale delle otto ore di sciopero decise a livello nazionale a partire dal prossimo 16 novembre, data in cui si chiude la cosiddetta vacanza contrattuale.

Lo scontro

Il clima non è certo disteso, almeno stando alle parole dei vertici sindacali provinciali, che annunciano battaglia. Troppi gli snodi irrisolti, a partire – dicono i sindacati – dalla volontà di Federmeccanica ed Assistal di «voler cambiare le regole del modello contrattuale, che nella sostanza significa nessun aumento certo per i prossimi anni ma tutto legato all’andamento dell’inflazione».

«Insignificanti», sempre secondo i confederali, anche le risposte per quanto riguarda la stabilizzazione dei contratti precari e la riduzione dell’orario di lavoro, da Fiom, Fim e Uilm considerati un elemento assolutamente strategico per affrontare una situazione industriale difficile, mentre su temi quali welfare, previdenza, formazione e inquadramento professionale, salute e sicurezza ed anche appalti non ci sarebbero che «mancati passi in avanti».

Sciopero

«Dobbiamo ancora decidere le modalità con cui programmeremo le otto ore di sciopero ma siamo decisi a farci sentire», sintetizza Antonio Ghirardi, alla guida della Fiom provinciale, per il quale è inammissibile che Federmeccanica, dopo sei mesi di incontri, non abbia dato risposte concrete alla piattaforma sindacale né sul nodo del salario né sulle altre importanti partite aperte ma al contrario si sia limitata a presentare una controproposta «inaccettabile per i lavoratori».

«Da che mondo è mondo sono i sindacati a presentare la proposta, non i datori di lavoro», rincara la dose il leader della Uil, Mario Bailo, per il quale la distanza di posizioni oggi appare «abissale», mentre il collega Vittorio Sarti, reggente provinciale della Uilm, affonda: «Le risposte non ci sono, a partire da quella salariale. Federmeccanica propone solo l’adeguamento ex post dei minimi tabellari all’Ipca Nei, che sulla base delle stime ad oggi disponibili sarebbe pari a 173,37 euro per periodo 2025-2028, e questo vuol dire che non solo i nostri lavoratori prenderebbero molto meno dei 280 euro che abbiamo chiesto noi ma anche che, visto che siamo in ritardo già di 6 mesi con il rinnovo e il contratto è allungato sino al 2028, perderebbero anche un anno e mezzo di adeguamento».

La riduzione dell’orario

Che «le risposte non ci sono» lo ribadisce anche il leader provinciale Fim, Stefano Olivari, che chiama in causa la mancata disponibilità sulla partita legata alla riduzione dell’orario di lavoro, «fondamentale per tutelare l’occupazione dei prossimi anni alla luce della transizione ecologica e delle trasformazioni dettate dall’AI».

E aggiunge: «Ragioneremo su come gestire le otto ore di sciopero, Federmeccanica deve darci risposte chiare».

Gli industriali

Ferma la replica degli industriali. «Quella che abbiamo presentato è una proposta ed anche una risposta alle richieste del sindacato», tira corto il vicepresidente di Federmeccanica, Fabio Astori, per il quale, al momento, le posizioni sono «tanto chiare quanto divergenti».

«Ci dispiace di questa rottura della trattativa, ma soprattutto ci dispiace che i sindacati non abbiano colto la prospettiva innovativa che è sottesa alla nostra proposta, che si muove nel solco del rinnovo già sottoscritto nel 2016», insiste Roberto Zini, vicepresidente di Confindustria Brescia con delega a welfare e relazioni sindacali per il quale pesa anche la difficile congiuntura, in particolare per i settori dell’automotive e della siderurgia.

«La nostra proposta – conclude – è una risposta alle richieste del sindacato ma anche e soprattutto ai bisogni dei lavoratori alla luce delle trasformazioni sociali, passando anche per la tutela della competitività dell’azienda, che non può essere trascurata, tanto più in un momento storico come l’attuale».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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