Mediobanca, i soci bocciano l’Ops su Banca Generali

L’assemblea di Mediobanca ha bocciato l’ops su Banca Generali, l’operazione difensiva dall’offerta del Monte di Paschi tentata dall’amministratore delegato Alberto Nagel, che dalla partita è uscito sconfitto. Non è riuscito a coagulare la maggioranza dei soci con il risultato che Mediobanca annuncia ufficialmente che l’offerta è ora decaduta.
«Un’opportunità mancata - ha subito accusato Nagel - per effetto del voto espresso, in particolare, da azionisti che, anche nell’attività di engagement, hanno manifestato un evidente conflitto di interesse, anteponendo quello relativo ad altre situazioni/asset italiani a quello di azionisti di Mediobanca».
La ricostruzione
All’appuntamento, che si svolto a porte chiuse senza nessuno in sede, era presente il 78% del capitale. Tramite il rappresentante designato Dario Trevisan, da remoto, il 35% del capitale ha votato a favore dell’autorizzazione al Cda di dare esecuzione all’offerta pubblica di scambio. Ha invece detto no il 10%, sostanzialmente il gruppo Caltagirone.

A spostare l’ago della bilancia e a decretare lo stop sono stati i soci che hanno scelto di partecipare e poi si sono astenuti, consapevoli che sarebbe stato considerato un voto contrario: il fronte dell’astensione è arrivato al 32% del capitale. Si è astenuta in prima battuta la Delfin degli eredi di Leonardo Del Vecchio con il suo 20% in Piazzetta Cuccia e socia, come Francesco Gaetano Caltagirone, anche di Mps e di Generali. Negli ambienti vicini alla holding si sono volute sottolineare le perplessità più sulle modalità e sui tempi «anomali» di esecuzione che non sul razionale dell’operazione. Hanno scelto di astenersi anche le Casse previdenziali, vale a dire Enasarco, Enpam e Cassa Forense con il 5% complessivo.
Astenuti, unici fra gli investitori istituzionali, Anima e Amundi, che fanno capo a due protagonisti dell’attuale risiko bancario - rispettivamente Banco Bpm e il suo azionista francese Credit Agricole -, nonché il fondo italiano Tages con l’1%: in totale il 3%. Astensione poi di Edizione Holding dei Benetton e di Unicredit, con quote del 2% ciascuno. Non ha partecipato invece Unipol, che ha già smobilizzato la sua quota di quasi il 2%. Ha venduto dopo lo spostamento iniziale dell’assemblea su Banca Generali al 25 settembre rispetto al 16 settembre quando la compagnia delle Coop, era fra i pochi pronti a votare per l’ops sulla controllata del Leone. Il disco verde della Bce a Mps anche in caso di adesioni al 35% ha poi convinto del tutto il gruppo guidato da Carlo Cimbri che la partita contro Siena era di fatto già chiusa.
Gli istituzionali
Nagel ha potuto invece contare ora sull’appoggio degli investitori istituzionali, soprattutto esteri, che hanno votato sì con il 25% del capitale seguendo i consigli dei proxy advisor, e dei soci privati, pari al 10%, in gran parte aderenti al patto di consultazione. Il loro voto non è bastato e di fronte all’esito dell’assemblea Mediobanca ne ha preso atto e ha dichiarato decaduta l’offerta su Banca Generali. Per la società di risparmio gestito, che ha perso in Borsa il 2,8%, Piazzetta Cuccia aveva messo sul piatto la quota del 13,1% in Generali con l’obiettivo di creare un wealth manager di primo piano.
Nel parlare di «opportunità mancata» e di «azionisti in conflitto di interesse» Nagel ha sottolineato: «continueremo ad essere concentrati sull’esecuzione del nostro piano 'One Brand - One Culture' convinti della superiore generazione di valore rispetto all’alternativa rappresentata dall’offerta di Mps». Il banchiere è intenzionato a rimanere al suo posto, anche se l’ad del Monte, Luigi Lovaglio, ne ha già annunciato il licenziamento quando andrà in porto l’offerta di Siena, che si chiude l’8 settembre salvo un rilancio o un rinvio.
La decisione di fissare l’assemblea su Banca Generali il 21 agosto era stata motivata invece dall’atteso sì della Bce, poi arrivato, il 18 agosto e dal fatto che la Consob avrebbe avuto 5 giorni da quella data per approvare il prospetto informativo.
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