Manovra, Meloni tiene il punto: «Giusto l’aiuto dalle banche»

Le banche hanno avuto negli anni grandi profitti ed è giusto, dunque, che diano il loro contributo al sistema Paese. Giorgia Meloni tiene il punto sulla manovra. E rivendica la scelta di un meccanismo di aiuto da parte degli istituti di credito. «Se su 44 miliardi di profitti nel 2025 ce ne mettono a disposizione cinque per aiutare le fasce più deboli – dice la premier nel nuovo libro di Bruno Vespa – credo che possiamo essere soddisfatti noi e che in fin dei conti possano esserlo anche loro».
Insomma, non si scappa. L'intesa, su questo come sugli altri fronti, faticosamente raggiunta in maggioranza non va rimessa in discussione. Un concetto che la premier potrebbe ripetere anche oggi ai suoi vice se scegliesse di confrontarsi con loro a margine del Consiglio dei ministri già convocato.
Le coperture
Le liti quotidiane tra alleati non sono, del resto, viste di buon occhio ai piani alti di Palazzo Chigi. Ognuno ha le sue richieste e la manovra, fanno capire anche il ministro Giancarlo Giorgetti e il suo vice Maurizio Leo, non è del tutto blindata ma ogni eventuale ritocco va concordato e soprattutto coperto. E se non ci fosse spazio per questo al momento – è il ragionamento che si inizia a fare in ambienti di maggioranza – si potrà trovarne in provvedimenti successivi.
«Vogliono cambiare gli affitti brevi? Le regole sui dividendi? – avrebbe ripetuto in questi giorni anche il titolare di via XX settembre ai suoi interlocutori – Per me non c'è problema, purché ci sia una quadratura dei conti e siano rispettati gli obiettivi generali della manovra». Insomma, non ci sarebbero paletti ma «ogni modifica - è il ragionamento del ministro - deve essere compensata in coerenza con le nuove regole» fissate dall'Ue. E su questo sembra proprio esserci un asse di ferro tra la premier e il ministro dell'Economia.
I nodi
Ma intanto la tensione non sembra calare. A partire dalle banche, con la Lega che continua a rilanciare e a chiedere di aumentare il contributo e FI a fare muro. «Chiederò che sul Piano casa, scoperto sul 2026, parte dei fondi arrivi con gioia e entusiasmo da parte di un sistema» quello della banche «che sta facendo margini notevolissimi», dice Matteo Salvini.
«L'accordo è chiuso, non si cambia perché c'è un'intesa generale di tutti», replica Antonio Tajani. «Non voteremo alcuna norma – traduce il capogruppo azzurro alla Camera Paolo Barelli – che altera gli accordi presi».
Gli affitti
Non solo banche, però. A far fibrillare la maggioranza sono anche altri temi come quello dell'innalzamento della cedolare sugli affitti brevi. Qui Lega e FI sono dalla stessa parte della barricata: no a elevare l'aliquota. Ma è una scelta, quest'ultima, che il governo difende: «È sensato il 26% sugli affitti brevi, come per gli investimenti», evidenzia Leo. Si tratta, però, di una norma che quota solo 100 milioni e «non è una questione di vita o di morte», evidenzia Giorgetti. Nessuna «distrazione» nel mettere a punto la misura, aggiunge, ma pur difendendone la ratio il ministro evidenzia che «il Parlamento c'è per migliorare».
Tutta da capire la modifica alla quale si potrà mettere mano nel corso del dibattito in Senato. Non è escluso che si possa agire sull'incentivazione degli affitti lunghi, come chiede Noi Moderati. «Proponiamo di abbassare – piega Maurizio Lupi – dal 21% al 15% l'aliquota della cedolare secca per chi affitta casa a lungo termine».
Altro capitolo aperto è quello della tassazione sui dividendi. E anche qui non si chiude a modifiche. «Il Parlamento è sovrano e il testo è migliorabile», osserva Leo.
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