Economia

L’ottobre anomalo ha regalato il sesto sfalcio nei campi bresciani

Ottima annata anche per le castagne. Ma preoccupa lo sconvolgimento della stagionalità delle colture per il cambiamento climatico
Nei campi bresciani si procede al sesto sfalcio
Nei campi bresciani si procede al sesto sfalcio
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Un’annata positiva per le castagne e più erba per gli animali. Sono questi due, fra i più importanti, segnali positivi che nel Bresciano arrivano a seguito del caldo anomalo di queste settimane. «Le alte temperature dei primi giorni di ottobre - afferma Alessandro Titoldini, del Frutteto Titoldini di Rodengo Saiano - hanno rallentato le vendite di castagne che ancora non ha raggiunto il picco, ma ci aspettiamo comunque un’annata positiva anche perché la qualità risulta essere eccellente».

Dall’analisi dei ricci emerge una ridotta pezzatura dei frutti rispetto agli anni passati, ma è una evidenza della buona produzione: «Le piogge di questa primavera e i temporali estivi hanno infatti permesso ai ricci - dice ancora Titoldini - di non seccare a differenza della stagione passata che, in conseguenza alla forte siccità aveva causato danni al raccolto».

Il sesto sfalcio

Il caldo di queste settimane ha permesso anche la crescita dei prati e dei medicai, garantendo un ulteriore sfalcio di foraggio prezioso per l’alimentazione dei ruminanti allevati in provincia. Dopo qualche decennio di contrazione, nel Bresciano, sono in leggero aumento i prati stabili, importanti non solo come risorsa economica ma anche come custodi della biodiversità, e i medicai (erba spagna nel nostro dialetto). In pianura, visto le temperature e l’estate non secca, ci sono stati dai 5 ai 6 sfalci, mentre in montagna dai 2 ai 3, quindi mediamente uno sfalcio in più rispetto alla normalità.

Si tenga conto che quest’anno si può parlare di una resa a ettaro per la medica irrigua variabile dalle 20 alle 35 tonnellate all’ettaro e di 15 tonnellate a ettaro per il prato irriguo in pianura.

Dal maggengo al settembrino

Il fieno fatto nel mese di settembre-ottobre non è certo la novità di quest’anno; i nostri nonni ci hanno trasmesso anche i nomi degli sfalci più importanti del fieno; come il primo sfalcio che si chiama maggengo, più importante e più ricco; l’ultimo sfalcio (agostano nel caso di estati brevi o settembrino, come quest’anno) era il più scarso e qualitativamente più povero, ma importante per rimpinguare il fienile per affrontare con serenità l’inverno.

Per altri prodotti della terra il caldo ha stravolto il ciclo produttivo, ad esempio l’anticipo di broccoli e verze mentre gli spinaci sono in ritardo. Ma ad essere sconvolta è anche la stagionalità delle produzioni con la presenza ancora sul mercato di prodotti tipicamente estivi come le albicocche, le pesche e le nettarine, le susine, fino alle angurie, ma anche le fragole, nonostante l’atteso arrivo dei prodotti tipicamente autunnali (mele, pere, castagne, kaki, uva da tavola, fichi d’India).

Le verdure

E non va meglio per le verdure. Le condizioni metereologiche quasi estive all’inizio dell’autunno, la cosiddetta ottobrata, non sono un fenomeno raro ma quest’anno si inseriscono in un quadro generale che conferma la tendenza al cambiamento climatico. Nelle campagne gli effetti si fanno sentire anche per i parassiti che sono rimasti attivi con le temperature miti e attaccano più facilmente le colture ancora in campo con l’arrivo di insetti alieni che sempre di più colpiscono le colture con un danno complessivo stimato quest’anno nelle campagne italiane in oltre 6 miliardi nel 2023.

Gli eventi climatici estremi hanno infatti provocato quest’anno – sostiene la Coldiretti – un taglio del 15% del raccolto di riso, del 10% del grano, del 60% le ciliegie e del 63% delle pere mentre il miele è sceso del 70% rispetto allo scorso anno e si registra un calo anche per la vendemmia (-12%). Ma siamo di fronte ad un autunno 2023 che si classifica fino ad ora in Italia al terzo posto tra gli anni più caldi da quando sono iniziate le misurazioni nel 1800.

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