L’oliveto delle Grotte di Catullo di Sirmione cerca un nuovo gestore

L’oliveto storico delle Grotte di Catullo di Sirmione cerca un nuovo gestore. La Direzione regionale Musei nazionali Lombardia, che si occupa del sito per conto del Ministero della Cultura, intende infatti affidare in concessione l’oliveto che si trova all’interno dell’area archeologica, e che oggi comprende circa 1.470 alberi, di cui i più vecchi hanno tra i 400 e i 500 anni.
L’invito
«Proprio in considerazione dello straordinario valore culturale, storico e paesaggistico dell’oliveto - chiarisce Rosario Maria Anzalone, dal maggio scorso a capo della Direzione regionale Musei Lombardia -, abbiamo voluto effettuare, prima dell’avvio della procedura di gara per l’affidamento in concessione, una consultazione preliminare, invitando chi già lavora nel settore a manifestare il proprio interesse o a sottoporre suggerimenti o soluzioni migliorative. Cerchiamo sul territorio produttori appassionati, che vogliano condividere con noi questa sfida: creare, in un luogo unico al mondo, un olio di straordinaria qualità per far rivivere una tradizione millenaria».
L’invito a partecipare alla consultazione preliminare di mercato indetta dalla Direzione regionale è esteso a tutti gli operatori economici attivi nel settore di riferimento e alle loro associazioni di categoria, purché in possesso dei requisiti speciali minimi di idoneità professionale e di capacità tecnica professionale. L’avviso, con tutte le informazioni e indicazioni sulle modalità di partecipazione è pubblicato sul sito della Direzione regionale. Il termine di partecipazione è fissato per le 12 di giovedì 31 ottobre 2024. Per maggiori informazioni scrivere a drm-lom.comunicazione@cultura.gov.it.
Una storia antica

Le origini dell’oliveto delle Grotte, si diceva, risalgono al Cinquecento, ma la tradizione olivicola sirmionese è ben più antica, e risale almeno all’epoca romana. Non si trattava probabilmente di una grandissima produzione, ma certo più che sufficiente per il fabbisogno locale. Conferme della presenza di oliveti a Sirmione già nell’antichità arrivano anche dai ritrovamenti effettuati proprio all’interno dell’area archeologica: tra i frammenti di intonaco dipinto, recuperati in abbondanza negli scavi del secolo scorso, si riconoscono chiaramente raffigurazioni di olivi mossi dal vento su fondo azzurro, che ci rimandano inevitabilmente alle piante che abbellivano i giardini della villa con lo sfondo del lago.
Le piante furono poi tramandate di famiglia in famiglia, fino all’esproprio dei terreni da parte dello Stato (1947) e la successiva apertura al pubblico dell'area archeologica. Fino a quel momento, infatti, le famiglie possedevano degli appezzamenti di terreno all’interno dell’area archeologica e portavano poi le olive con le barche fino a Malcesine, Toscolano o Fasano, dove c’erano i frantoi. Negli ultimi anni, grazie alle cure prestate su impulso della Direzione regionale Musei nazionali Lombardia, l'oliveto è tornato a produrre olive (circa 5mila chili all’anno), da cui viene estratto un olio extra vergine di grande qualità (circa 600 litri annui).
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