La recessione tedesca pesa sull’industria di Brescia: nel 2023 persi 600 milioni di export

Italia e Germania sono da sempre due economie fortemente interconnesse ed interdipendenti. Ma il legame con la nostra provincia è ancora più stretto: se a livello nazionale Berlino vale il 12,5% dell’export, questa quota sale al 19,5% nel Bresciano e sfiora addirittura il 25% delle vendite estere nell’area legata alla filiera dei metalli.
Non solo, la Germania risulta essere anche il primo Paese di origine delle multinazionali estere attive nel Bresciano con ben 35 realtà produttive che danno lavoro a oltre 2.600 addetti e la seconda destinazione per investimenti bresciani all’estero: sono 60 gli imprenditori di casa nostra che hanno in Germania filiali produttive e commerciali.
Ecco spiegate le forti preoccupazioni del «sistema Brescia» per le difficoltà che sta vivendo l’economia tedesca entrata ufficialmente in recessione con un quarto trimestre del 2023 sceso di un altro 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti.
I numeri
Nel 2022 il made in Brescia ha registrato vendite record con la quota di export a 22,3 miliardi; di questi 4,5 miliardi sono finiti in Germania (il saldo commerciale è stato di 2,4 miliardi). Nei primi 9 mesi del 2023 il valore dei beni che hanno varcato la frontiera tedesca è precipitato del 12,1%, superando di poco i 3 miliardi di euro. I dati definitivi del 2023 usciranno solo nelle prossime settimane, ma secondo stime prudenti la gelata tedesca porterà il dato a fine anno ad una perdita secca dell’export di oltre 600 milioni di euro (-15%).
L’impatto sul tessuto produttivo bresciano è a macchia di leopardo. Il calo non ha toccato tutti, l’andamento è stato divisivo. Secondo un’indagine realizzata dall’Ufficio Studi di Confindustria Brescia su un campione di 150 imprese manifatturiere per il 52% delle imprese i quantitativi venduti a Berlino sono rimasti sostanzialmente invariati, per il 7% sono addirittura cresciuti. Tra i settori più colpiti ci sono la metallurgia, la chimica e la gomma plastica.
Il presidente Pasini
«È più di trent’anni che opero in Germania e non ho mai visto un Pil negativo in questo Paese - dichiara Giuseppe Pasini, presidente di Feralpi Group che proprio a Riesa, in Sassonia, possiede uno stabilimento produttivo -. La frenata ha colpito la manifattura, ed in modo pesante il sistema immobiliare che ha subito perdite del 40%. La recessione è dovuta principalmente a due fattori: da una parte l’incremento del prezzo del gas, la Germania ricordiamo ha sempre potuto godere di un basso costo dell’energia. Al contrario di Draghi che varò il credito d’imposta, il governo Scholz non ha messo in atto contromisure per calmierare i prezzi dell’energia. La contrazione dell’industria tedesca è poi giustificata da debolezza della crescita cinese, principale mercato di destinazione dell’export di Berlino».
La Cina sta infatti velocemente passando da Paese assemblatore di semilavorati ad alta tecnologia importati dall’Occidente, a Paese che realizza interamente prodotti tecnologicamente avanzati. Secondo Pasini i tempi per la ripresa non saranno brevi: «Non vedo una reazione del Governo in grado di invertire la rotta della recessione - chiosa il presidente-. Ad oggi riscontro un forte malcontento, soprattutto in Sassonia e Turingia, che immagino si rifletterà sulle prossime elezioni Europee di giugno. Questo potrebbe mettere in discussione la stabilità del Governo».
Cosa fare
La preoccupazione delle imprese bresciane resta. Tuttavia rispetto al passato, come recentemente ha evidenziato ache il Centro Studi di Confindustria, esiste una minore correlazione tra la crescita italiana e quella tedesca. La Germania resta un fondamentale partner strategico della nostra provincia, ma la sua influenza si affievolisce.
La manifattura bresciana - che nella crisi del Covid-19 ha mostrato una straordinaria capacità di resilienza - non è stata con le mani in mano ed ha già iniziato a muoversi, guardando a mercati diversi e, soprattutto, fuori dall’Unione Europea: per il 63% delle imprese bresciane la ricerca di nuovi clienti nei Paesi extra Ue sta dando i primi frutti.
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