«La mia giornata in hotel: dodici ore per 3 euro a camera»

Assunta con un contratto da governante ai piani, ma costretta a fare di tutto, dalla pulizia delle camere al facchinaggio. E con una paga che a stento arrivava a 1.200 euro al mese, anche per 12 ore di lavoro al giorno. La storia di Anna, giovane donna proveniente dai paesi dell’Est trasferita nella nostra provincia da ormai più di 15 anni, è la storia di tante donne come lei, che pur di lavorare hanno dovuto accettare di tutto o quasi. Quasi, nel caso di Anna (il nome è di fantasia), perché dopo più di 8 anni di sfruttamento ha deciso di denunciare, anche se in veste anonima: quando si deve scegliere se lavorare e dar da mangiare ai propri figli o denunciare e tornare a casa con le tasche vuote, il dilemma non è mai facile.Neppure se non ce la si fa davvero più.
Il racconto
«Era il 2009 quando ho iniziato a lavorare in un noto hotel della città - racconta - : avevo già esperienza e quindi sono stata assunta come responsabile dei piani, ossia per organizzare il lavoro delle cameriere che puliscono le camere. In verità, però, facevo di tutto: oltre a gestire il lavoro delle altre, pulivo la hall e i corridoi, sbarazzavo la sala da pranzo, talvolta portavo persino i bagagli degli ospiti, mentre nel mio giorno libero spesso dalla direttrice mi veniva chiesto di recarmi a casa sua per badare ai figli o per pulirla.
La denuncia
Anna ha resistito a lungo, e poi un giorno ha deciso di denunciare la situazione. «Nel giro di una settimana la direttrice è sparita, e l’hotel ha subappaltato le pulizie ad una ditta esterna che ci ha fatto un contratto per la pulizia di 15 camere al giorno, ma per arrivare a prendere uno stipendio decente dovevamo farne quasi il doppio. Nulla era cambiato». Ora Anna fa tutt’altro e ha finalmente trovato un po’ di serenità ma avverte: «La realtà non è cambiata, né nei grandi hotel della città né negli alberghi del lago. Ecco perché trovare chi sia disposto a lavorare è difficile».
La risposta
Una accusa cui il presidente di Federalberghi, Paolo Rossi, risponde senza esitazioni. «Oggi cose di questo genere non succedono quasi più, o almeno sono decisamente più rare - dice -. Anche la grossa penuria di stagionali di questo periodo dipende da molti fattori. Da un lato, certamente, la pandemia che ha condotto molti a rientrare nel proprio Paese. Dall’altro, buste paga sempre più leggere e, in parte, anche il reddito di cittadinanza, che senza dubbio ha indotto i meno volenterosi a stare a casa». Insomma, una «tempesta perfetta» che appare assai pericolosa per un comparto come quello dell’ospitalità e del turismo, che rialza la testa dopo due anni più neri del nero.
«Come organizzazione non manchiamo mai di evidenziare l’importanza del rispetto del Ccnl da parte del datore di lavoro, che deve pagare anche gli straordinari - prosegue Rossi -. Non sta a noi fare i controlli, ma è evidente che se lo Stato ci venisse incontro abbassando il costo del lavoro e consentendoci di mettere più soldi in busta ai nostri dipendenti molte cose sarebbero più facili. Oggi l’emergenza è davvero cocente: ci sono hotel che hanno chiuso interi piani o bloccato il ristorante a pranzo per mancanza di manodopera». Poi il leader di Federalberghi conclude: «Anche nella scelta delle realtà cui subappaltate le attività gli imprenditori del settore devono fare molto attenzione: ce ne sono di serie, ma anche di quelle che non pagano nemmeno i contributi, e una scelta sbagliata va a pesare sull’albergatore stesso».
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